Pur essendo arrivati alla terza settimana di visione,
Twin Peaks non perde la sua carica e l’emotività che si trascina dietro, fin
dalle prime note della sigla. Annoiarsi è molto difficile, abituarsi al revival
di Lynch è impossibile. Il quinto episodio prosegue il rallentamento intrapreso
la scorsa settimana e si propone di ampliare il quadro in attesa di una svolta
nella trama principale. Le questioni più importanti, che avevano occupato
questo blog in teorizzazioni improbabili, vengono quindi accantonati per
lasciare spazio a brevi intermezzi - talvolta comici - indirizzati a
coinvolgere nella narrazione nuovi personaggi o a riportare sullo schermo
vecchie glorie del calibro di Nadine, Mike o Norma.
L’apparente leggerezza degli eventi, che si articolano in
una serie di scene spesso scollegate tra loro, si traduce nella possibilità di
tornare all’ironia classica della serie, senza che questa stoni con una trama
principale che sembra abbracciare un tono più cupo. Due sequenze su tutte: la
riunione di Coop-Dougie e la televendita complottista di Beppe Jacoby. Esilaranti
e in linea con lo spirito dell’autore.
Nonostante il concetto di utilità ai fini della trama sia
relativo in questo episodio, vengono comunque lasciati alcuni indizi utili alla
ricostruzione di un quadro generale della narrazione che si richiamano ad
elementi precedentemente introdotti e, sorvolando sulla possibilità di una
comprensione immediata della realtà (metafisica), è necessario fare il punto su
quanto mostrato.
La puntata si apre con una donna che, digitando “argent 2”
su un datato Blackberry, attiva un dispositivo a distanza. Soltanto nelle
sequenze conclusive abbiamo un’evoluzione della faccenda, quando Bob, sotto
mentite spoglie, utilizza la telefonata dal carcere per destabilizzare il
sistema di sicurezza e interagire nuovamente con la scatola nera, che veniamo a
sapere essere situata a Buenos Aires. La scatola quindi scompare e la
situazione nel carcere del South Dakota sembra tornare alla normalità. Ci ancora
probabilmente impossibile affermare con certezza la natura della scatola nera e
la sua funzione, ma possiamo avanzare un paio di considerazioni. Innanzitutto l’elettricità,
che si dimostra essere ancora un elemento naturale “al servizio” dell’entità
della Loggia Nera (FWWM). La donna mostrata all’inizio dell’episodio era stata probabilmente
istruita da Bob per attivare il sistema della scatola in caso di cattura, e
questo potrebbe farci dedurre che, seppur non come ipotesi più probabile, Bob
abbia calcolato la possibilità di finire in carcere al momento dell’uscita
dalla loggia di Cooper. Potrebbe addirittura trattarsi di una parte fondate del
piano, forse volta a riacquistare la fiducia delle persone che un tempo erano
in contatto con l’agente dell’FBI. Altro dettagli interessante da notare è la
modalità di scomparsa della scatola, che sembra del tutto simile al modo in cui
Dougie è tornato ad essere una sfera dorata una volta rientrato nella Logga Nera.
Siamo ancora lontani dalla soluzione ma alcuni elementi cominciano a tornare.
Dopodiché l’azione si sposta nuovamente sul caso della
bibliotecaria Ruth Davenport: scopriamo che all’intero dello stomaco del corpo
dell’uomo nascosto sotto le lenzuola è stato rinvenuto un anello che Dougie
avrebbe ricevuto dalla moglie. Successivamente, in una scena incentrata sull’agente
Tamara dell’FBI, veniamo a sapere che sono state trovate nuovamente delle
impronte riconducibili al maggiore Briggs nell’ambito delle indagini legate all’omicidio
di Ruth Davenport. Non è chiaro il rapporto che potrebbe legare la città di
Buckhorne a Dougie e al maggiore Briggs, il quale era stato dato per defunto
nel periodo tra la seconda e la terza stagione, più precisamente poco tempo
dopo la fine della seconda. Partiamo dal presupposto che Dougie, in quanto
creazione di Bob - o di un’altra entità della Loggia Nera - potrebbe aver agito
seguendo le indicazioni di altri. ma sappiamo anche che, sulla base degli
eventi del secondo episodio, è stato probabilmente Mr. C a uccidere la
bibliotecaria. Si potrebbe verificare la coincidenza per cui i due cadaveri non
siano opera della stessa mano, ma il doppelganger
di Dougie potrebbe aver ucciso l’uomo e poi Bob lo avrebbe incastrato nell’omicidio
di Buckhorne. Ma Dougie, per quello che abbiamo potuto capire, è sempre stato
un essere innocuo, probabilmente amorale, ma innocuo. Un efferato omicidio ad
opera di Dougie si spiegherebbe con la necessità impellente di eliminare chi ha
scoperto o è in procinto di scoprire la vera natura del personaggio, e questo
avvalorerebbe la tesi secondo cui il corpo dell’uomo rinvenuto accanto alla
testa di Ruth Davenport sia proprio quello del maggiore Briggs che,
sopravvissuto all’incendio, sarebbe arrivato a comprendere il piano di Bob e
che per questo ci avrebbe rimesso la vita.
Dopo una serie di sequenze focalizzate sullo sviluppo
tragicomico delle disavventure di Cooper, ancora sfasato rispetto al reale, ma
più vicino a seguire gli indizi inviati dalla loggia, la narrazione si sposta a
Twin Peaks, dove facciamo la conoscenza di due personaggi che potrebbero
rivelarsi fondamentali per lo sviluppo della trama: Becky, figlia di Shelly, e
Richard Horne. Becky è il personaggio che più finora si è avvicinato al ricordo
di Laura Palmer e a tutta la questione della tossicodipendenza. Richard Horne
invece, nei pochi minuti in cui appare, destabilizza per la violenza con la
quale si muove e ricorda da vicino sia l’attività criminale dei giovani Bobby e
Mike, sia alcuni atteggiamenti tipici degli abitanti della loggia nera. non è
chiare quale grado di parentela lo leghi alla famiglia Horne, ma credo che sia
un’anticipazione dell’ingresso in scena di Audrie, la milionaria che potrebbe
aver finanziato la scatola di vetro a New York, la donna che potrebbe essere la
chiave per sciogliere i dubbi di Gordon e Albert. Immagino che la scapestrata
Becky, come richiamo diretto all’iconica Laura, possa giocare un ruolo chiave
nella narrazione principale, e non mi stupirei se proprio lei finisse in qualche
modo rapita da Bob nella loggia nera, al pari di Annie.
La quinta parte dell’operazione “revival” mostra di avere
meno sostanza degli episodi precedenti, ma non cala assolutamente né dal punto
di vista tecnico, né da quello narrativo. Alcuni momenti rischiano di pesare
più di altri, ma credo ciò sia anche dovuto al fatto che per la prima volta
dall’inizio della terza stagione ci troviamo a confrontarci con un solo
episodio settimanale, peraltro scarno. Credo che un rewatch al termine dell’intera terza
stagione possa ridare al quinto episodio l’appetibilità che non sempre ha
saputo mantenere.
Richard (Horne) e Linda
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