Puntata complessa quella andata in onda la notte tra
domenica e lunedì, ricca di eventi all’apparenza minori, slegati dalla
storyline principale, che invece alimentano uno sviluppo ad albero molto
intricato, in cui i rami s’intrecciano e si sfiorano in molteplici frangenti. Ancora
una volta risulta necessario aver visto, interpretato e approfondito tutti gli
elementi della serie, dalle prime due stagione a "Fuoco cammina con me", per
arrivare ai Missing Pieces, tassello fondamentale che sottolinea ancora una
volta la distanza tra Lynch e il progetto che effettivamente fu realizzato dopo
la rivelazione del ’91.
La struttura del sesto episodio segue quella dei
precedenti: una serie di 3/4 eventi principali intervallati da scene d’intermezzo
che rimandano ai temi fondanti della serie con un colore, un simbolo, un suono.
Spesso il fulcro dello sviluppo è legato proprio a queste brevissime sequenze. Bisogna
quindi prestare attenzione ai particolari dei riempitivi più insignificanti per
cogliere il senso di un delirio metafisico senza eguali.
L’episodio torna a mostrarci le disavventure di Dale
Cooper nei panni di Dougie Jones, ancora incapace di prendere pienamente
coscienza di sé. In “aiuto”di Coop torna Mike, che l’agente dell’FBI rivede in
una reale sequenza onirica. Questo ci conferma che tutti i segnali della loggia
nera, che stanno permettendo a Cooper di galleggiare fino alla rinsavita sono
frutto della volontà di uno o più spiriti della loggia nera, tra cui Mike. È un
vero e proprio conflitto quello che vede Bob opporsi ai suoi simili nel
tentativo di mantenere le spoglie umane. Un conflitto di cui ci è stato dato
solo un assaggio nei primi episodi e che esploderà probabilmente per mano degli
stessi uomini, i tramiti in questo momento tra gli abitanti della loggia.
“Wake up” e “Don’t die” sono le due frasi ripetute dall’immagine
di Mike nel caminetto. Non ci sono dubbi particolari sul significato delle due,
solamente la conferma che lo stato di dormiveglia dell’agente Cooper sia frutto
di una sorta di malfunzionamento del processo di materializzazione del
protagonista nel corpo di Dougie e che Mike, dall’atteggiamento assunto, sembra
non essere preparato ad un effetto così prolungato. Che sia una conseguenza
degli eventi dell’anticamera del mondo reale, quello spazio con la donna dagli
occhi cuciti?
Dalla scena del dialogo tra Richard Horne e Red, l’uomo
seduto al tavolo del primo episodio, possiamo dedurre che il rampollo di casa
Horne non sia restio a seguire le orme di Benjamin, con una spruzzata di Bobby
Briggs, e che i gusti di Shelly in fatto di uomini non siano poi cambiati molto
nel corso degli anni. In realtà è lo sviluppo di questa sottotrama, e il
rapporto che essa intrattiene con le azioni di Carl Rodd, che meglio si presta
ad un discorso speculativo. Carl Rodd, personaggio presentato originariamente
nel film FWWM, vive ancora nella zona di servizio delle roulotte e passa le sue
giornate a Twin Peaks, seduto su una panchina. Nel momento in cui, lo stesso
giorno degli eventi riguardanti Richard Horne, sta per salire sul pickup che lo
porterà in città, viene fermato da un altro uomo residente nella zona che gli chiede
un passaggio per Twin Peaks. Al di là dell’utilità relativa di questo
personaggio, sono le parole che dice a riabilitarlo nell’ordine della trama; fa
infatti riferimento a sua moglie Linda. Torna quindi a tenere banco il secondo
enigma del gigante, che nominava esplicitamente i nomi di Richard (Horne) e
appunto Linda. I due personaggi chiave della profezia sembrano essere stati
individuati, non ci resta che aspettare e vedere come entrino nella trama
principale legata a Cooper.
Una volta a Twin Peaks, Carl Rodd vede verificarsi un
incidente stradale di una violenza immane: lo stesso Richard Horne, sotto l’effetto
di stupefacenti, investe un bambino che attraversava la strada con la madre,
prima di fuggire via. Carl Rodd assiste alla scena e sembra essere in grado di
cogliere alcuni elementi metafisici, come l’anima del bambino che, sottoforma
di fiammella si alza verso il cielo. Ciò potrebbe indicare un collegamento
ancora attivo tra Carl e la dimensione della loggia, anche dopo gli eventi di
FWWM. Altro dettaglio particolare, che potrebbe essere sfuggito ai più è il
palo del sistema elettrico presente nei pressi dell’incrocio dell’incidente,
che era già stato mostrato nel quarto episodio per pochi secondi, senza una
reale giustificazione della cosa.
I numeri alla base del palo sono:
3 2 4 8 1 0
6
nel dubbio che possano significare qualcosa.
Il rimando ad una scena precedentemente mostrata, il
coinvolgimento di Richard e di elementi metafisici della loggia lasciano
pensare che l’incidente sia avvenuto grazie alla facilitazione di uno spirito,
il quale starebbe tentando di far arrivare lo sviluppo delle azioni del
personaggio di Richard Horne ad un epilogo ben preciso o ad un incontro specifico,
magari proprio con Linda, magari attraverso Miriam, che vede il volto del
ragazzo mentre fugge dalla scena dell’omicidio.
Morto un nano se ne fa un altro. Dopo l’allontanamento forzato
del nano della loggia nera da questa terza stagione, torna in scena un altro
nano, stavolta un killer che uccide senza pietà munendosi di un punteruolo. Uno
dei suoi obiettivi è proprio Dougie Jones e dietro il commissionamento di
questi omicidi potrebbe esserci ancora Bob, che, ormai ne siamo a conoscenza,
in questi venticinque anni ha creato un vero e proprio esercito di
collaboratori dediti alla delinquenza. L’incontro tra Coop e il nano con il
punteruolo rotto è vicino.
L’episodio si chiude infine con una rivelazione
fondamentale: Hawk riesce finalmente a decifrare il messaggio del ceppo e
trova, nascoste in una porta del bagno del commissariato di Twin Peaks, delle
pagine che sembrano essere le pagine strappate dal diario di Laura Palmer,
altro meraviglioso rimando a FWWM, nel caso in cui la cosa fosse confermata. Questa
scoperta, forse vero tassello mancante nella ricostruzione di Coop all’epoca
delle indagini su Laura, potrebbe davvero dare un nuovo senso al manipolo di
personaggi che ruota attorno al commissariato, a partire dallo stesso Hawk e
dal nuovo, magnetico sceriffo Truman.
Ma il momento più alto della puntata, che ho
volontariamente omesso nella ricostruzione temporale degli eventi, è la
rivelazione dell’identità della donna che potrebbe aiutare Albert e Gordon
nelle indagini sul nuovo Coop: non si tratta della donna ceppo, né tantomeno di
Audrey Horne, ma di Diane, personaggio mitologico di cui, ancora oggi, dopo
ventisette anni dall’esordio della serie, non eravamo sicuri della reale
esistenza. La soluzione era semplice e la voce della coscienza di Cooper
potrebbe davvero indirizzare le indagini verso una soluzione definitiva.
I tasselli s’incastrano, i rami continuano a toccarsi. L’opera
della storia della televisione ridà un senso all’arte.
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