Piccola premessa: comprendo benissimo che alcuni di voi
possano riscontrare delle mancanze in questa classifica, ma purtroppo il tempo
e il denaro non mi hanno permesso di tenere stretto quel posto in sala con
costanza per tutto l’anno. Ho dovuto quindi rinunciare a molte opere che
certamente recupererò nei prossimi mesi. Se non vedete il vostro film preferito
non disperate e pensate che potrei non averlo visto. Oppure l’ho visto, ho
saputo per vie indirette che a voi era piaciuto molto e l’ho escluso dalla
classifica di proposito nonostante meritasse; così, per farvi un dispetto. A voi
la scelta.
5° POSIZIONE: Shaun - Vita Da PecoraUn film d’animazione ci voleva, soprattutto in attesa di scoprire che fine ha fatto il capolavoro “Inside Out”. Lo studio Aardman colpisce ancora, sulla scia dei capolavori Galline in Fuga e Wallace e Gromit (Oscar come miglior film d’animazione). In occasione della chiusura della serie tv dedicata al personaggio muto di Shaun, la pecora, Park ha deciso di realizzare un lungometraggio dedicato alle avventure degli antropomorfi animali da cortile. In sostanza si tratta di una serie di episodi spassosi concatenati tra loro a mo’ di unico lungometraggio. La trama vede le storiche pecore stanche della routine della fattoria e decise ad appropriarsi dell’abitazione del fattore. Questa la banale premessa per una serie esilarante di gag al limite del ridicolo, ma talvolta anche molto intelligenti, che vi terranno incollati allo schermo. Comparto tecnico invece da rivedere; indietro rispetto agli ultimi lavori.
Lo stile visivo potrebbe far pensare ad un prodotto indicato unicamente per un pubblico più infantile, ma la comicità che si cela dietro una maschera semplice e immediatamente accessibile a tutti è invece molto britannica e acuta in alcune sue forme. Abbandonate i pregiudizi inutili e lasciatevi coinvolgere dalla nuova comicità muta, il revival degli anni d’oro del bianco e del nero che furono.
4° POSIZIONE: The Martian
The Martian rappresenta il ritorno di Ridley Scott sui livelli che l’avevano reso grande in passato, dopo anni di tentativi falliti e forse di sceneggiature poco adatte alla mano del regista e al suo stile.
In seguito ad una tempesta (senz’acqua), un gruppo di astronauti è costretto a lasciare Marte nel bel mezzo di una missione esplorativa. Prima di riuscire a raggiungere la navicella, però, il botanico del gruppo, Damon appunto, viene scaraventato lontano e, presi dall’agitazione del momento, i suoi compagni di viaggio lo abbandonano sul pianeta rosso credendolo morto sul colpo. In realtà così non è e il protagonista, una volta ristabilitosi, dovrà cercare di sopravvivere prima dell’arrivo dei soccorsi, che, considerando la distanza Marte-Terra, non sono proprio immediati. Da questo momento in poi la storia si sviluppa su due frangenti lontani minuti luce ma uniti nella volontà di non cedere alla morte: da una parte Matt comincia una coltivazione di patate su un pianeta decisamente non fertile e tenta di resistere ad ogni casualità avversa, dall’altro invece la Nasa si attiva per la programmazione di nuove missioni spaziali volte al salvataggio del malcapitato astronauta. Una duplice narrazione che mantiene lo spettatore con gli occhi incollati allo schermo e che evita di mostrare momenti di stanca cinematografica legati ad un personaggio che sostanzialmente non riesce a comunicare con nessuno se non con delle gopro. Lo sviluppo è buono e Scott non si perde in riflessioni filosofiche inutili rimanendo fedele all’opera letteraria da cui il film è tratto (almeno a detta di chi ha letto anche il libro e magari lo ha fatto prima di andare al cinema). Ci si appassiona facilmente a questo Americano medio che tenta in tutti i modi di sfuggire al suo nefasto destino, componente, questa del fato, assai presente in tutta la pellicola. Dall’altra parte, al baratro del pessimismo sul quale passeggia il protagonista, si contrappone l’ottimismo e la passione di coloro che faranno di tutto per salvarlo, e non specifico di chi sto parlando per evitare fastidiosi spoiler. Dico solo che ho applaudito ad una scena legata ai dirigenti Nasa, indovinate voi quale.
L’accuratezza scientifica di cui si vantava il film prima dell’uscita è stata tutto sommato rispettata e la maggior parte delle azioni del naufrago su Marte vengono accompagnate da una breve descrizione che dà scientificità al tutto. Il finale però rischia di rovinare l’intera esperienza attraverso un espediente narrativo per niente credibile e più vicino ad un deus ex machina che alla reale conclusione delle disavventure spaziali. Una caduta di stile che potrebbe far storcere il naso ai più.
Di fondo, questo The Martian è un’americanata molto curata e come tale va presa. Non ci sono discorsi profondi, non si tenta di stupire l’intelletto dello spettatore, ma di divertirlo e appassionarlo. Un film commerciale insomma che vede nell’intrattenimento il suo più grande motivo d’essere. Se spogliato di aspettative eccessive ed esterne quindi, questa pellicola riesce ad essere un piacevole passatempo.
3° POSIZIONE: Suburra
Senza dubbio il film italiano più atteso dell’intera
stagione cinematografica. Il regista di ACAB e Gomorra
- la serie torna nel suo
territorio preferito per raccontare una storia di droga, mafia, corruzione e
vendetta. Se avete amato la serie tv basata sull’opera di Saviano (e soprattutto se l’avete fatto prima
che i fantastici ragazzi di The
Jackal la sdoganassero e la
rendessero una parodia di se stessa), amerete questo secondo lungometraggio di Sollima.
Il film in sé mostra molti picchi di notevole qualità,
spessore e densità scenica, ma purtroppo non è esente da difetti che potrebbero
rendere l’intero prodotto appannaggio di pochi pazienti spettatori. Il ritmo di
Suburra è infatti molto lento e il regista si propone di approfondire alcuni
personaggi a mo’ di serie tv senza però riuscirci appieno. Elio Sebba Germano e
Samurai infatti risultano più macchiette piatte e classiche che
rappresentazione realistica del sottomondo corrotto romano. Tutto ciò porta ad
un appesantimento di alcuni momenti che, considerando l’opera nella sua
totalità, non hanno grande motivo d’esistere. Nella narrazione e nella
caratterizzazione dunque un ibrido tra cinema e televisione che non sa né di
carne né di pesce. Oltre a questo aspetto negativo ho notato anche una caricaturalità in alcune azioni che, se andate al
cinema con amici, potrebbe portarvi a ridere di situazione in realtà
drammatiche (colpa degli amici, non mia), scadendo quindi un po’ troppo spesso
in situazione grottesche al limite del ridicolo. Credo questo sia un errore
accettabile da una pellicola che cerca una terza via, mescolando il tono delle grandi
produzioni americane agli stereotipi caratterizzanti del cinema nostrano.
La trama invece coinvolge e riesce discretamente a tenere
vive ed interessanti tutte le sfumature che compongono un quadro futurista ma
neoclassico, minimalista ma barocco. Il pretesto perché tutto accada è in
verità ingegnoso e ammirevole nella sua scrittura. Una sorta di cerchio che
comincia a delinearsi in sordina e nel finale, in un tripudio di emozioni
ravvicinate, si doppia, deraglia e porta alla conclusione tragica che chiunque
si sarebbe potuto attendere ma che probabilmente nessuno sperava si avverasse.
Una struttura perfetta, invidiabile e finalmente innovativa per il thriller
all’italiana.
La fotografia stupisce per la sua forza visiva e riesce a
rendere credibile una situazione sporca e cupa attraverso colorazioni caricate
e perfettamente bilanciate. I montaggi sonori invece, grazie soprattutto alle
musiche incalzanti ed evocative dei francesi M83,
rappresentano i veri apici della pellicola. Midnight City all’inizio ci
catapulta con grazia violenta nel mondo della corruzione italiana, Outro da brividi. Potremmo discutere della
presenza massiccia di questi momenti e del fatto che possano in qualche modo
infastidire uno spettatore meno preparato e abbietto, ma un Suburra senza tali
scene cariche di pathos sarebbe come un brano di Armstrong senza assolo di tromba.
Impensabile.
Il vero fulcro del film sono però i contenuti di denuncia
sociale. Bande di criminali che tentano di governare il paese attraverso la
corruzione in parlamento e nel Vaticano. A mio parere, Sollima si sarebbe
potuto spingere oltre nella descrizione della vita parlamentare, ma quantomeno
ciò che viene mostrato rappresenta fedelmente la realtà. Suburra era il
quartiere più sudicio e malfamato dell’antica Roma. Tutto quel putridume si è
solo rintanato dentro.
Una volta usciti dalla sala dopo la visione di Suburra ci
si sente sporchi, colpevoli di crimini verso l’umanità. Ci si sente come ad
aver intascato una mazzetta da un imprenditore. Ci si sente dei traditori.
Questo film riesce perfettamente a rinnovare una mancanza di fiducia in una
generazione di politici ingranaggio di un sistema più grande. La politica
nel film è solo l’appendice di un intero movimento che non disdegna la
delinquenza, ma che la pratica come stile di vita alle spalle di coloro che
invece ancora credono in un mondo migliore. L’umore è nero fuori dalla sala
perché finisce la speranza.
2° POSIZIONE: Star Wars - Il Risveglio Della Forza
Il film più atteso dell’anno non delude e, dopo ben due proiezioni al cinema (evento più unico che rara per me), mi sento di dire anche che, per quanto riguarda determinati aspetti, il primo capitolo della nuova trilogia spaziale del maestro J.J. Abrams (che poi qualcuno conosce per cosa stiano le due “J”?) va oltre le mie personalissime aspettative. Come avrete già letto e riletto su altre testate giornalistiche più qualificate della mia, SW7 si presenta maggiormente come una transazione e come una riproposizione della prima trilogia (o trilogia originale) in chiave contemporanea. I riferimenti al primo film che diede inizio all’intero francise si sprecano e abbondano, specialmente nella prima parte della pellicola. Al contempo, però, viene sviluppata questa transizione anche per quanto riguarda i personaggi, proponendo uno spostamento graduale dai vecchi “old but still gold” Leia Organa, Han Solo, Chewbacca (di cui babbo natale mi ha regalato la bubble-head - grazie babbo) e Luke (mi raccomando, badate bene alle nuove pronunce originali) ad altri protagonisti giovani caratterizzati finora in maniera interessante, proponendo diversi aspetti chiari, ma altrettanti oscuri, che scopriremo con il tempo. Rey (tanto amore) e Poe emergono sugli altri, anche se il vero protagonista credo sia il droide BB-08. Semplicemente meraviglioso.
D’altra parte però la pellicola non è esente da difetti quale un’eccessiva casualità che spinge la trama a proseguire e i protagonisti a confrontarsi con il Primo Ordine. Qualche forzature che rischia di stridere molto con la coerenza della trama del settimo capitolo con quelle degli episodi precedenti, specialmente ad una seconda visione. In due cinema diversi, per capire meglio. Il duello finale però è un tripudio d’azione e scene perfettamente realizzate. Coreografie uniche e spade laser incrociate.
In ogni caso, quando si esce dalla sala, non si vede l’ora di rientrare a guardare il prossimo capitolo. E invece bisogna aspettare due anni. E invece…
1° POSIZIONE: Mad Max: Fury Road
Sostanzialmente penso che il film in questione non sia un capolavoro, ma probabilmente questo giudizio é influenzato dal fatto che il genere action non mi appartiene come altri. Penso però anche di aver visto uno dei migliori film d'azione di sempre. L'azione é la parte centrale del film, occupa circa il 70/80% della pellicola. La regia é dinamica e curata. La fotografia realistica ma al contempo eccessiva e spettacolare. Tutto sembra sopra le righe. L'ambientazione e i personaggi, dal primo all'ultimo, funzionano alla perfezione. L'innovazione del genere femminile al centro di una pellicola culturalmente maschilista alza il livello del prodotto. Finalmente una ventata di novità in un settore per certi versi stantio.
Questa pellicola però presenta dei problemi evidenti che impediscono di raggiungere la perfezione. Il film infatti convince molto più nella prima parte, quando i protagonisti non parlano. Quando invece si raggiunge la prima tregua dalla fuga si ha l'introduzione dei tipici dialoghi stereotipati e improbabili hollywoodiane.
Questa pellicola però presenta dei problemi evidenti che impediscono di raggiungere la perfezione. Il film infatti convince molto più nella prima parte, quando i protagonisti non parlano. Quando invece si raggiunge la prima tregua dalla fuga si ha l'introduzione dei tipici dialoghi stereotipati e improbabili hollywoodiane.
Alcune scene sono volutamente tamarre, ma troppo. A tratti alcune scelte stridono con la durezza e il realismo dell'ambientazione post apocalittico e della carenza di risorse. La trama poi risulta nel suo complesso troppo allungata: non ho apprezzato ad esempio l'introduzione delle donne-guerriere e l'intermezzo inutile con le moto. Alcune imperfezioni che però non intaccano i punti forti del film.
D'altra parte però Mad Max sfora il limite della perfezione in alcuni aspetti specifici che rendono la pellicola un vero e proprio film di genere, riservato nello specifico quindi ad una ristretta cerchia di intenditori. Un grande film d'azione che ricorderemo per molti anni a venire e che prenderemo come metro di paragone per le future pellicole.
Indubbiamente il miglior film del 2015.Aspettando produzione americane uscite nelle sale statunitensi durante quest'anno solare, ma ancora inedite da noi, un certo Quentin vi dice qualcosa?
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