Avete presente quei gialli in cui l’assassino segue una
logica particolare, sconosciuta ai più, legata ai luoghi in cui avvengono i
crimini? Che poi alla fine il commissario di turno riesce a sventare l’ultimo
crimine della serie sul filo del rasoio appendendo ad una parete la cartina
della città, applicando un chiodo su ogni punto d’interesse e collegando i
chiodi con un sottile ma visibile filo rosso? Ecco, True Detective 2 finora era
stata una cartina muta su una parete spoglia ma ricolma di sporgenti chiodi.
Chiodi puliti, chiodi arrugginiti, chiodi sporgenti e chiodi quasi invisibili. Il
sesto e il settimo episodio invece rappresentano quel filo che mancava da
troppo tempo. Le buone intuizioni viste nel quarto episodio vengono sfruttate
ampiamente e finalmente l’intreccio raggiunge l’elevato livello tecnico che la
serie aveva mostrato fin dall’inizio. Le stesse dinamiche che in precedenza
avevano pesato sulla visione notturna della miniserie ora vengono sfruttate a
dovere e risultano essere le vere e proprie armi in più.
Indubbiamente TD ha accelerato progressivamente fino ai
due finali-cliffhanger delle puntate in esame oggi. Mentre i tasselli
cominciavano a combaciare, i personaggi secondari (ossia i Messicani, l’agente
nera, i Russi e la ragazza scomparsa nel secondo episodio) si legavano sempre
più alla trama principale in maniera diretta o indiretta, contorta ma pur
sempre convincente e credibile. Ma andiamo con ordine. Il sesto episodio,
incentrato principalmente sulla figura del tormentato Velcoro, si apre come si
era chiuso il precedente, cioè con l’imminente scontro, verbale e non, tra Ray
e Frank, reo di aver sguinzagliato il cane da caccia verso il malvivente
sbagliato. Nel precedente commento mi auguravo un resa dei conti definitiva tra
i due protagonisti, invece la violenza è stata solo sfiorata e il tutto si è
concluso con uno stallo alla messicana e un nuovo accordo che cambia nuovamente
le carte in gioco tra i due nemiciamici. I repentini cambiamenti dei rapporti
tra i protagonisti sono stati infatti il fulcro di un doppio episodio da vedere
e rivedere. Tornando alla storia, le strade dell’agente e del malavitoso quindi
si separano in malo modo con la promessa di indagini collaborative.
Intanto Ani e Paul continuano le indagini incrociando il caso Caspare con la
rapina dei diamanti blu e con i bambini orfani e organizzando un’operazione in
incognito che prevede la partecipazione della donna ad una festa organizzata
dal maxigruppo di politici corrotti, investitori e imprenditori edili della
città di Vinci. A questo punto l’attenzione del buon Nick (scusami per averti
dato dello sceneggiatore di InTreatment, davvero!) si sposta sulle vicende
personali di Colin Farrell che finalmente giungono ad una conclusione degna e
ben costruita. Tanto esaltante quanto struggente la scena dello sfogo nella cocaina. Mi auguro quindi che le sottotrame chiuse in questi frangenti non
rispuntino poi fuori togliendo spazio vitale ad un episodio conclusivo che si
preannuncia tutto da gustare. Ray quindi minaccia lo smemorato stupratore della
moglie e abbandona idealmente quello che probabilmente è il figlio del suddetto
delinquente. Si giunge quindi alla festa che riesce finalmente a coinvolgere lo
spettatore fino in fondo con azione, suspance, mistero e meravigliosi giochi di
luce (non l’istituto), parzialmente brillantemente giustificati dall’assunzione
di ecstasy da parte dell’avvenente agente in nero per l’occasione. Mentre
l’avventura diventa più frenetica, Ani trova la ragazza scomparsa tra le
giovani escort della villa e il duo di agenti al testosterone si intrufola
nelle stanze meno in vista per rubare dei preziosi documenti che provano la
complicità di buona parte dei presenti alla festa nei loschi traffici che tutti
vogliono coprire. L’episodio si chiude quindi con un rocambolesca fuga a luci
spente. Applausi a scena aperta. Fisicamente, non mento.
Se la sesta puntata era incentrata sulla figura di
Velcoro, la settima si focalizza maggiormente su Frank e sulle sue disavventure
mafiose: egli infatti scopre il doppiogioco del suo fidato braccio destro e,
prima di giustiziarlo a sangue freddo, si fa rivelare particolari scottanti
riguardo la viscosa rete imbastita dai suoi congiurati. È il momento per Voughn
di organizzare la controffensiva: finta accettazione e fuga spettacolare con i
locali che bruciano alle spalle. Bella mossa Single a Nozze; e ora? Pensa di
scampare non solo alla mafia russa, ma anche alla polizia, dai corrotti politici
con le mani in pasta e ai Messicani? La vedo più che dura. Il futuro di Frank
Semyon è tutt’altro che roseo. L’aria si sta tingendo di sangue, troppo. Nel
mentre i nostri eroi vengono accusati della morte di un paio di uomini alla
festa e sono costretti a nascondersi dalle autorità (che poi in parte dovrebbero
essere loro stessi l'autorità). Intanto Ani rivive alcuni momenti della festa e comincia
finalmente a ricordare di un rapimento con annesso stupro quando lei era ancora
una bambina indifesa. Ciò spiega una serie di comportamenti poco chiari che la
protagonista si trascina dall’inizio. Ottima scelta e ottimo collegamento
tra la vita privata del personaggio e le indagini. Grande costruzione per un
protagonista complesso e accattivante, secondo solo al diamante grezzo Ray
Velcoro, fulcro dell’intera serie. Mentre quindi gli intrecci si intrecciano, la
serie ingrana la marcia più alta e comincia a stupire violentemente lo
spettatori con colpi di scena inattesi: sesso, rivelazioni e morti eccellenti.
La scelta della morte di un protagonista la condivido appieno, anche per dare
un segno di rottura col passato e quindi con la prima stagione, ma Paul no. Sia ben chiaro: non sto parlando dell'attore e della sua performance tutto sommato nella media, ma di un personaggio chiave. Lui
non aveva chiuso la sua storia, lui aveva passato la vita a nascondersi, a
limitarsi perché agli occhi degli altri potesse sembrare più normale di quanto
già fosse. Il tutto perché gay, diverso per i più. Un debole in balia dei
presunti forti e presuntuosi, in balia della vita. Peccato. Poteva lasciarci
chiunque, ma Paul avrebbe dovuto resistere per dimostrare la forza dei deboli.
Ani e Ray invece si trovano compatibili nelle difficoltà e nei drammi,
nell’alcool e nelle sigarette (rigorosamente non più elettroniche). Un’unione
per me fortuita e frutto del momento più che di sentimenti che possano durare
nel tempo ed essere alla base di una relazione stabile. Solo un’ottima
mescolata. Ma quante carte usa Pizzolatto?
Sostanzialmente tutto è venuto alla luce meno che il nome
dell’assassino dell’assessore Caspare, quello più atteso. In questo marasma
generale di nomi e situazioni disparate però mi aspetto un colpo di scena
finale legato ai due orfani della rapina del ’92, come suggerisce la scena del
confronto tra le foto before-after. Sembra che tutto si ricolleghi a questo
caso e tutti abbiano interesse a non far sapere la verità, perfino le autorità.
Ma allora chi sono i buoni e chi i cattivi? Non esistono tali etichette banali
per lo sceneggiatore e scrittore Pizzolatto che mostra animi umani semplici e
fragili, animi corrotti o comunque facilmente corruttibili. Come nella realtà
quotidiana, non esiste una bontà assoluta, ma ognuno nasconde dentro di sé
ombre che, se esposte alla luce degli altri, potrebbero intimorire, potrebbero
rovesciare la società come la conosciamo. Così immagino la società di Vinci: un
iperrealismo che incute timore. La paura è sempre tangibile tra un respiro di
Ray e uno sguardo sgomentato di Ani.
True Detective si è ripreso ciò che era suo di diritto e,
nonostante molti passaggi a vuoto, ha vinto (anche senza vedere il finale di
stagione) la propria sfida personale che consisteva nell’allontanarsi dai fasti
della prima serie mantenendo altissimo il livello d’intrattenimento. Dispiace
aver giudicato negativamente la serie nelle prime puntate, ma obiettivamente
ritmi, narrazione e intreccio non erano ben amalgamati nella prima metà
dell’opera, sono però sicuro che, riguardando l’intero prodotto al termine della
serializzazione, molti aspetti prima controversi si ricollocheranno in maniera
più giustificata nello scacchiere marmoreo dell’autore. Un finale per cui
aspettare un’intera settimana sembra davvero un’ingiustizia.
Scusa ancora Nick.
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