venerdì 20 aprile 2018

A QUIET PLACE - UN PASSO AVANTI E DUE INDIETRO


Spettri, mobilio spiritato, oscure presenze e serial killer dalle maschere più buffe. Potremmo riassumere così gli ultimi anni del cinema horror, con ben poche eccezioni ad invertire un trend ormai di serie b. E proprio dal cinema minore sbuca quest’ardito esperimento di un horror silenzioso ed estremamente ansiogeno. A Quiet Place, scritto, diretto e interpretato dal comico statunitense John Krasinski, è un tentativo di ridare una certa parvenza di autorialità ad un filone decaduto nell’anonimato cinematografico. Gran parte della pellicola è rappresentata dalle condizioni poste a priori: l’evento scatenante dell’invasione aliena e il silenzio che regna incontrastato su una terra quanto mai regredita ad uno stato brado. Gli ultimi uomini rimasti sono costretti a camminare scalzi, a seguire linee di sabbia per spostarsi e a comunicare attraverso il linguaggio dei segni. L’idea di partenza è anche il presupposto credibile per dare un taglio stilistico particolare all’opera, che consiste in un film di una manciata di parole, in cui la tensione è costruita dai rumori e dalle immagini. Nel suo intento, A Quiet Place merita assolutamente un plauso e l’incipit in cui la famiglia protagonista subisce una grave perdita risulta di grande impatto sulla scia della bontà dell’idea originale. Eppure, quando l’opera sembra riuscire a compiere un passo in avanti verso un’autorialità e un’originalità fresche per il genere, la sceneggiatura mostra delle falle logiche e concettuali che stonano con l’impianto sostenuto fino a quel momento. Comportamenti inspiegabili, localizzazioni errate, fisica inesistente, situazioni semplici rivoltate all’innaturale. Dall’inizio alla fine del film, il crescendo di tensione - quella sì costruita con un certo gusto - è inversamente proporzionale al livello medio dell’opera. Ciononostante non mancano alcuni momenti topici centrati e apprezzabili, ma anche queste sequenze non riescono ad esplodere la loro piena potenza perché magari ridimensionate da una scena precedente o successiva. È un saliscendi di qualità ed emozioni che mostra alcune buone trovate, ma scopre troppo spesso il fianco si una produzione minore.


La qualità visiva, la realizzazione dei mostri non riescono a rendere A Quiet Place un’opera totalmente fondata sulla componente estetica; anche alla luce del concept di fondo, lo spettatore è costantemente portato ad un approccio insieme istintuale e ragionato al film e i punti a favore della pellicola spesso crollano sotto le questioni della mente. Per fare un esempio che non rappresenti uno spoiler per chi non ha visto il film: il mais è un fluido newtoniano?


Rendere i rapporti familiari all’interno del gruppo di protagonisti è stata forse l’impresa più ardua per Krasinski, costretto a sussurrare pochi dialoghi e a lavorare di sguardi e gesti. Alcuni momenti, come il dolce ballo intimo tra coniugi, la formazione del piccolo Markus, il ritrovo dei fratelli centrano la questione e rendono la caducità della quotidianità perduta. Rapiscono i mezzi di fortuna - ormai divenuti automatismi - con cui la famiglia Abbott cerca di superare il trauma dell’apocalisse aliena. Ma anche questi attimi di vita comune nella difficoltà rientrano perfettamente nell’imperfezione di fondo della pellicola che non riesce a trovare una continuità logica. Allora una scena toccante è rovinata da un personaggio che non poteva trovarsi in quel luogo, un fenomeno naturale che non si ripresenta così nella realtà.


A spiccare su un cast di livello è la giovane Millicent Simmonds, attrice sorda dalla nascita che interpreta un personaggio a sua volta sordo in un mondo ormai muto. La scelta è quanto mai azzeccata ed è apprezzabile il fatto che il plot twist si fondi proprio sulla disabilità del personaggio di finzione e quindi su quello reale dell’attrice. L’interpretazione di Simmonds rappresenta una delle note liete dell’opera, nonostante le falle maggiori ruotino proprio alla scrittura del suo personaggio.


Accolto dalla critica internazionale con entusiasmo contagioso, A Quiet Place era arrivato in Italia con ben altre aspettative, la speranza di trovarsi di fronte ad una mosca bianca per il cinema horror contemporaneo, un fenomeno di nicchia come era stato It Follows nel 2014, ma così non è stato e l’opera di Krasinski, seppur non detestabile, non è riuscita ad uscire da un empasse proprio del cinema indipendente. È la scrittura: croce e delizia di un esperimento riuscito a metà.

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