lunedì 9 ottobre 2017

BLADE RUNNER 2049 - COS'HA LASCIATO IL TEMPO?

Riaprire un capitolo sigillato e suggellato dal tempo. Far valere la superiorità del capostipite di un genere sul genere stesso a distanza di trentacinque anni. Risvegliare una fantascienza superata dal reale sviluppo tecnologico. Ingannare il tempo che è passato. Possiamo analizzare quest’opera da differenti punti di vista, ma si tende sempre a tornare inevitabilmente a questo tempo che ci ha lasciato nel 1982 con il dubbio amletico sulla natura di Rick Deckard e che ora chiede di essere rivalutato. C’è uno sviluppo ideale che ha preso il via dalla fine di quel capolavoro per tornare a chiudere un cerchio, o a riaprirlo. È inevitabile che una valutazione sia influenzata dal nome altisonante che il film di Villeneuve porta, e le sue radici lo riforniscono di energia e lo prosciugano al tempo stesso.


L’originale era un’opera d’atmosfera, un noir atipico in cui il fulcro della struttura era la narrazione, non la trama. Il sequel tenta invece di alzare il livello di complessità e proprio in questa scelta si cela il reale punto debole della pellicola, che non dimostra di avere una trama all’altezza del peso specifico che le è stato riservato. E il tono compassato e trionfante talvolta stona con gli eventi narrati, che non decollano mai davvero verso un’azione di grande portata, per rimanere in realtà al livello del primo capitolo. Questo non per sminuire una narrazione che resta magnetica - perché l’argomento è rimasto affascinante - ma per ridimensionare la portata di una storia meno centrata rispetto a quella del film precedente. Questa carenza si ripercuote anche nella caratterizzazione di alcuni personaggi, tra cui il villain annunciato, interpretato da Jared Leto. In generale - eccezion fatta per K, Joy e Rick - tutti i personaggi sembrano essere poco approfonditi, tasselli di un quadro troppo ampio perché ci sia concesso di approfondirli. Spesso le interazioni vengono proposte come se si trattasse dei primi episodi di una serie tv, che sviscererà successivamente alcune personalità, ma il film termina prima di ampliare le motivazioni di alcuni personaggi secondari.


D’altra parte l’opera si impone tra i migliori film del suo genere per una realizzazione tecnica magnifica, una messa in scena spettacolare e un protagonista assai significativo. Ogni sequenza è curata nel minimo dettaglio e produce un coinvolgimento unico: lo spettatore è esposto al freddo delle scene innevate, è bagnato dalla pioggia sferzante e accaldato dal deserto dell’incontro. Al pari del primo film, siamo spettatori in prima linea dell’indagine del protagonista e questo crea un legame empatico non indifferente con l’agente K, per poi sfociare in un finale drammatico e carico di pathos. Il problema rimane la parabola della grandezza nel diagramma del film: se per l’opera del 1982 erano lo sviluppo degli eventi e la coerenza narrativa ad innalzare la produzione verso la grandezza cinematografica e culturale, il seguito pretende una base di grandezza che spinge il film anche quando questo sembra aver raggiunto i limiti della sua scrittura perfezionabile.



Il confronto alla base della valutazione si risolve con un nulla di fatto, non riuscendo a distinguere i fantasmi del primo dall’anima del secondo capitolo. Ma, analizzando Blade Runner 2049 nel suo complesso, non è possibile negare di trovarsi dinnanzi ad una produzione mastodontica, completa, superiore. È un evento che merita di essere vissuto sul grande schermo e rientra di diritto nel novero dei migliori film di fantascienza degli ultimi anni. L’agente K - interpretato da Ryan Goslin - supera inoltre concettualmente il personaggio di Rick Deckard, arrivando a toccare profondità esistenziali inesplorate attraverso la parabola discendente dell’androide alla ricerca di un’identità. L’inversione del canone originale rinvigorisce una metafora mai doma, sempre attuale. Siamo di fronte ad un tassello della storia del cinema che, al pari del suo predecessore, potrebbe rilanciarsi come fondamentale nell’evoluzione del genere da qui a pochi anni. Sarà ancora il tempo ad offrirci le risposte.

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