domenica 27 agosto 2017

5 MOTIVI PER CUI THE DEFENDERS È UNA DELUSIONE

Dopo un esordio spettacolare con Daredevil, la qualità dei prodotti Marvel Netflix è andata via via calando. “The Defenders”, corrispettivo televisivo del team up più famoso, poteva essere il punto di svolta per l’intero progetto, ma così non è stato.


Vediamo insieme i cinque motivi per cui “The Defenders” non è stata in grado di mantenere le aspettative.



4 - 3 = Un protagonista
La serie si proponeva come una summa delle storie precedenti, che avevano lasciato in sospeso alcuni particolari per confluire poi verso un’unica conclusione. Quattro personaggi, una storia. L’obiettivo era probabilmente quello di livellari i diversi gradi d’interesse dovuti alla scrittura altalenante delle singole serie per generare un nuovo trasporto comune verso il gruppo di vigilanti. La realtà dei fatti racconta invece di un Matt Murdock ancora esageratamente superiore agli altri. Daredevil riesce a dare un altro tono alle scene in cui è presente per una profondità, uno spessore e un carisma a cui gli altri tre “difensori” non si avvicinano minimamente. La scelta di terminare la battaglia finale in quel modo poi non fa che avvalorare la tesi di una finta serie corale, molto più simile ad una terza stagione del diavolo di Hell’s Kitchen.



“È stata una settimana molto dura”
Quanto tempo passa dalla scarcerazione di Luke Cage alla conclusione dell’intera storia? Mi sono posto questa domanda diverse volte durante la visione. Alla fine è Jessica Jones a rispondere: meno di una settimana. Nell’ottica di un tempo così breve, quasi aristotelico, si perde il senso di uno sviluppo morale dei protagonisti e la loro interazione, ridicolmente esplicitata da Daredevil prima dello scontro finale, si riduce ad una collaborazione improvvisata. Manca la maturazione dei personaggi, aggiunta forzatamente verso il finale attraverso quello che dovrebbe essere Il colpo di scena. Ma è giusto interrogarsi su di esso: cosa sarebbe rimasto dell’esperienza dei Defenders senza il telefonato twist conclusivo?



War never changes
Lo scontro con la mano ci viene presentato come il culmine di un conflitto secolare tra i traditori di K’un lun e i casti. Lo stato delle cose è costantemente descritto in termini militari. Guerra, guerra e ancora guerra.
“Chi vincerà la guerra?”
“Questa è la fine della guerra”
“Questa non è la fine della guerra”
Queste ultime due frasi magari pronunciate dallo stesso personaggio a distanza di pochi minuti.
E il rimando immediato è alla vera guerra, quella in grado di annientare intere popolazioni, quella che non si placa con quattro colpi di karate in un ufficio bianco. Eppure la minaccia rappresentata dalla Mano non è mai tangibile: non ci sono attentati, non ci sono duelli decisivi, non ci sono punti di non ritorno. Quella che i protagonisti chiamano guerra è la schermaglia di qualche scagnozzo e un manipolo di vigilanti per evitare che un’organizzazione secolare possa ottenere la chiave della vittoria della guerra, che poi si rivelerà essere un elemento tutt’altro che decisivo. Il pericolo non è mai realmente vicino, né per i protagonisti né per la popolazione di New York. E allora stona incredibilmente il tono epico degli ultimi due episodi, soprattutto considerando che “The Defenders” si colloca all’interno del MCU, e a due passi dal Midland circle ci sarebbe un certo Tony Stark.



La sagra dei clichè
Daredevil aveva rivoluzionato la dimensione del supereroe con una narrazione più intima, profonda che aveva contribuito a rendere più imprevedibili le storie del Diavolo di Hell’s Kitchen.
Da questo punto di vista “The Defeneders” rappresenta un enorme passo indietro. Con uno sviluppo minimo in profondità della narrazione, i prodotti Marvel Netflix tornano a posizionarsi a livello della loro controparte cinematografica, e chiunque abbia visto almeno un paio di cinecomics sarà immediatamente in grado di predire lo svolgersi degli eventi. Mancano reali colpi di scena inaspettati - ad eccezione di quello che spezza l’unità del gruppo verso la metà della serie - e questo, unito alla mancanza di una minaccia reale, spegne il trasporto emotivo per una serie a tratti piatta.



E quindi?
Con l’ultima scena prima dei titoli di coda viene addolcito anche l’amaro finale. Cosa resta dell’esperienza dei Defenders dopo la “guerra” con la mano? Valutiamo la domanda da due punti di vista. Da una parte, per l’universo della serie, il team up ha avvicinato quattro eroi  già contigui, bruciando in otto puntate decine di personaggi validi per futuri sviluppi, sacrificati sull’altare della spettacolarità delle coreografie. Si tratta banalmente di una storia periferica che conclude una narrazione confusa e frammentata senza particolari guizzi.

Dall’altra ci siamo noi spettatori, che abbiamo assistito alla conclusione della “prima fase” di questo sottouniverso dei cinecomic. La serie scorre e si lascia guardare, considerando anche il fatto che si svolga in pochissime ore, si ride a denti stretti in alcuni momenti e si riesce anche a godere delle interazioni tra i protagonisti, ma non rimane nulla più di una copia sbiadita del modello MCU. Manca completamente la peculiarità televisiva che era stata di Matt Murdock prima e di Jessica Jones poi. Manca l’anima dei progetti Netflix, soppiantata dallo spirito Marvel.

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