sabato 17 ottobre 2015

COMMENTO FARGO 2 - EPISODIO 1

Dopo mesi di inattività in questo preciso settore ci risiamo. Ecco la serie da commentare che stavo cercando e che ci accompagnerà per i prossimi due mesi su questo blog. Dopo mesi di vani tentativi (TheWhispers) o di pilot troppo belli per essere poi criticati in questa sede (The Brink), la seconda stagione di Fargo è venuta in mio soccorso. Volendo essere totalmente sincero, preso dagli studi e dal recupero di serie più datate, all’epoca dell’uscita della prima stagione non ebbi il tempo di seguirla con costanza e quindi, a parte qualche spezzone sporadico su Sky Atlantic posso dire di averla completamente persa. Avrei certamente potuto recuperarla negli oziosi mesi estivi appena trascorsi, ma il distacco, sia temporale che logico, tra la prima e la seconda stagione mi ha portato a desistere. Ciò non vuol dire che non recupererò mai la prima, la cui solidità e accuratezza sono ormai note a tutti, ma solo che il mio personalissimo percorso sarà inverso e tutto dipenderà da questa seconda stagione.
Come al solito vi avverto della presenza di eventuali spoiler voluti ma non cercati, funzionali alla costruzione delle mie argute tesi. Ricordo inoltre che, come fu per True Detective, esclusi il primo e l’ultimo episodio che verranno analizzati separatamente, tutte le altre puntate saranno oggetto di commento due alla volta per evitare articoli troppo lenti rispetto ad altri e per avere il tempo materiale di trattare altre due serie (sorpresa delle sorprese). Quindi non mi rimane che cominciare.


Il primo episodio si apre con un’esilarante piano sequenza che simula una scena d’intermezzo delle riprese di uno show televisivo o di un film dell’epoca. In meno di tre minuti veniamo immersi nel mondo dei Cohen e della loro particolare comicità. Serietà, rigore, studio delle inquadrature e dialoghi surreali che in realtà sono molto più vicini alla quotidianità di quanto possa sembrare. Personalmente mi sono rivisto abbastanza e ho facilmente empatizzato con il regista che osa troppo dando dell’indiano ad un indiano e poi cerca di rimediare accennando alla Shoah. Semplicemente i Cohen. L’attenzione si sposta poi su quelli che sembrano essere i protagonisti della nostra storia ma che si riveleranno essere solo una parte del tutto. Un poco credibile malvivente deve dei soldi ad un uomo ben più minaccioso che si presenta poi come suo fratello. Inizialmente queste sequenze risultano un po’ confuse e poco accattivanti in quanto lo spettatore non riesce a cogliere il senso di tutto quello che passa sullo schermo, come se ci fossero dettagli non detti che in realtà darebbero senso al tutto. Un tipo narrazione per certi versi di nicchia e meno commerciale che potrebbe annoiare i più. Questa lentezza narrativa si prolunga fino alla metà dell’episodio circa, quando la scena nella tavola calda rivolta tutto e accelera l’intera puntata. Le interpretazioni magistrali del malvivente, un certo Bear (ma non ebreo) e soprattutto del giudice che cita Giobbe (al pari di un certo Samuel qualche anno fa) tengono altissima la tensione dello spettatore che rimane allo stesso tempo estasiato e turbato dalla tragedia che si sviluppa in due minuti. Poi comincia davvero il giallo e ci viene presentato l’agente che si occuperà delle indagini, o forse no, perché pochi minuti dopo lo vediamo lasciare le indagini al più anziano suocero. Da qui in poi la puntata rallenta nuovamente, senza però toccare gli abissi di prima, in attesa dell’esplosivo finale in cui viene introdotta una nuova coppia (il cui elemento maschile è quell’infame di Todd di Breaking Bad, ingrassato per l'occasione) legata in maniera meravigliosa con le altre linee narrative. Alle spalle di tutto ciò una famiglia mafiosa in lutto (doppio, ma questo ancora non è dato saper loro) che vede i propri averi minacciati dall’emergere di nuove famiglie poco raccomandabili.


Comincia così quest’avventura targata Cohen, e di Cohen ce n’è a bizzeffe. Ogni personaggio presentato in questo pilot è, a mio parere, ricollegabile ad un altro già visto e apprezzato nelle pellicole dei due fratelli registi. La coppia finale che scopre il malvivente intento a scappare dal loro garage potrebbe essere paragonata alla strana coppia Pitt-McDormand di Burn After Reading ad esempio. L’agente di polizia, attorno al quale ruoterà probabilmente l’intera serie, invece ricorda da vicino la stessa McDormand in Fargo, film da cui tutto ciò ha avuto origine. Maschere quindi consone al cinema dei due registi che stranamente non hanno inserito i loro nomi tra quelli degli scrittori, ma che evidentemente influenzano molto in qualità di produttori esecutivi.
Quello che ci si para davanti dopo circa cinquanta minuti è un dipinto ad olio crudo ma colorato, un dipinto con molte sfumature, assai grande e variegato. I personaggi presentati non sono pochi considerando che trattasi di miniserie giallo-noir, genere che spesso addossa sulle spalle dei soli protagonisti le responsabilità dell’intera narrazione e che abbozza soltanto i personaggi secondari limitandoli a macchiette utili allo sviluppo del caso. In questo frangente invece sembra che gli autori abbiano tentato di fare il contrario: il più caratterizzato è infatti Bear Gerhardt, ossia il mafioso che viene ucciso alla fine dell’episodio. Quello che invece dovrebbe essere il protagonista, ovvero l’agente Solverson (interpretato dal padre di Insidious), ci viene invece mostrato attraverso veli di stereotipi legati al genere che non lo rendono attivo, tridimensionale, ma piatto e passivo in attesa che la storia, in particolare la sua, ingrani. Sembra che questa serie faccia il contrario di quello che ci si aspetti e per questo la mia prima impressione è stata particolarmente positiva. Tutto quello che accade è impensabile e imprevedibile, e ciò contribuisce molto a creare il clima giusto perchè un prodotto così particolari riesca ad ottenere il seguito che in realtà ha. L’imprevedibilità mette lo spettatore nelle condizioni di seguire assiduamente la serie nonostante i tempi volutamente dilatati in alcuni punti.


Dal punto di vista tecnico invece Fargo ha confermato quanto di buono fatto vedere nelle prima stagione, puntando però maggiormente su campi stretti, telecamere fisse e su una fotografia più calda e curata che richiama le atmosfere 70s a discapito del fotorealismo. Gli attori hanno fornito tutti o quasi prove soddisfacenti, con pochi picchi che si elevano rispetto al livello generale medio-alto (e poi c’è la madre, non so se mi spiego). La colonna sonora invece è troppo sottotono rispetto alle altri componenti tecniche e non risalta quasi mai.
Cosa aspettarsi quindi da questa serie? I fratelli Cinema non si discutono e, al pari di Re Mida, trasformano in oro tutto ciò che toccano da diversi anni. Ho notato fin da subito una vena umoristica assai forte che a mio parere crescerà di pari passo con la drammaticità degli eventi narrati. Una forma di comicità che personalmente adoro. Per cui mi aspetto una trama semplice ma aggrovigliata su se stessa, una caccia agli uomini che cacciano altri uomini. Un prodotto innovativo in un sottogenere che ormai sta diventando saturo di prodotti medi che non si distinguono tra gli altri. Ma queste sono solo illazioni. Tempo per riflettere ce n’è, ce ne sarà. Siamo solo all’inizio.


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