Sulla scia di un genere horror d’impianto thriller
improntato sui jumpscare poco inaspettati, il film del 2015, diretto da
Michael Petroni e inedito in Italia fino a poche settimane fa, tenta di
proporre una narrazione classica ma avvincente, che strizza l’occhio ai romanzi
di King e all’esperienza videoludica di Alan Wake.
Le lacune a livello di budget risultano evidenti eccome in
un film che punta eccessivamente sull’utilizzo di una computer grafica ormai
obsoleta e che mal si amalgama col resto della scenografia, ma la presenza di
un attore del calibro di Adrien Brody salva in parte l’immagine di una pellicola
decisamente minore. Il pianista del capolavoro di Polanski riesce infatti a
calamitare su di sé tutte le attenzioni, pur non spiccando come in altri ruoli,
complice anche una caratterizzazione claudicante del personaggio, specialmente
in relazione al passato recente e al rapporto con la moglie. Per certi versi
abbozzata, la figura dello psicologo frastagliato tiene però in piedi due
filoni narrativi legati ai traumi del protagonista che aprono le porte ad una
trama non originale, ma decisamente coinvolgente: uno psicologo vive una
profonda crisi dopo l’accidentale scomparsa della figlia e sceglie di
rifugiarsi nel lavoro, quando scopre che tra i suoi pazienti si nascondono gli
spiriti di alcune persone scomparse anni prima in circostanze misteriose.
I punti di forza di una pellicola così basica sono
essenzialmente due: l’atmosfera claustrofobica in spazi aperti che si respira
nelle vie della più classica città del Maine e l’intreccio che, a dispetto delle
aspettative nei confronti di un horror senza pretese, stupisce per la gestione
intelligente di una crisi di memoria. L’intera pellicola si fonda su un singolo
momento vissuto e rivissuto dal protagonista nel dramma della rimozione
traumatica, alla ricerca della verità e dell’espiazione.
Questo potrebbe però non bastare a salvare l’intero
progetto, segnato sciaguratamente da decine di errori minori e da una
sceneggiatura che non tiene conto dei dettagli e dei personaggi secodari. Sembra
infatti mancare una tridimensionalità dei fondali di False Creek e dei suoi
abitanti, che non riescono mai davvero a sembrare calati nella loro quotidiana
dimensione e restano quindi appesi ad una trama per loro inconcludente sul
finire dell’opera. A questi fastidiosi difetti si aggiunge la scelta infelice
di trasformare un buon thriller in un horror innaturale, forzato, quasi che le
scene classiche degli spettri che terrorizzano protagonista e spettatori
fossero state aggiunte solo successivamente, a lavoro di girato terminato e non all'altezza delle aspettative della produzione. Non colpiscono
come dovrebbero e talvolta infastidiscono per l’estraneità dalla narrazione. Un
Backtrack senza aggiunte horror e con un’attenzione maggiore al realismo della
caratterizzazione dei personaggi secondari sarebbe potuto diventare un piccolo
cult di serie C, ma così non è stato. Resta un film godibile, un intrattenimento
inaspettatamente riuscito, nel suo piccolo coerente con le premesse. Una pellicola
consigliata per passare una serata si sana suspance, senza pretese eccessive e
con la voglia di arrivare in fondo ad un caso dall’impianto giallo.
Backtrack è in programmazione su Sky Cinema e, se disponete
del servizio, potete trovarlo anche su ondemand. Buona visione tensione.
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