mercoledì 31 agosto 2016

WAYWARD PINES 2 - COMMENTO EPISODI 1 E 2

C’era bisogno di una seconda stagione di Wayward Pines? No. La conclusione frettolosa della prima stagione aveva un bisogno naturale di un seguito che sviscerasse ulteriormente dinamiche sterili? No. Questa seconda stagione merita una chance nonostante le premesse? Forse; bypassando però virtualmente le falle che avevano caratterizzato il calante calare dell’anno passato. I Dubbi erano maggiormente relativi alla maniera attraverso cui gli sceneggiatori avrebbero collegato una narrazione moribonda ad una nuova e presumibilmente accattivante. Ricordiamo infatti che la prima stagione si era chiusa con Ben trasportato tre anni nel futuro, nella piena era della dittatura schiavista della prima generazione, e suo padre appeso ad un palo come deterrente verso le possibile rivolte della popolazione di Wayward Pines contro il regime di Jason.



La seconda stagione si apre invece con un flashback rispetto all’anno corrente in cui fa la sua comparsa come guest star anche Terrence Howard. In questo frangente ci viene presentato quello che a tutti gli effetti si propone come in nuovo protagonista della serie, ovvero Theo, medico rapito e crioconservato per essere destinato al blocco C. da qui ha inizio la nuova avventura nell’ultima roccaforte del pianeta nell’anno 4000.
Devo essere sincero: inizialmente avevo sopravvalutato la produzione e credevo che avessero optato per una narrazione retrospettiva rispetto alle sequenze conclusive della prima stagione, ovvero un racconto riguardante gli anni in cui Ben è rimasto congelato e la prima generazione ha preso il sopravvento sulla fazione dei ribelli, sugli Abby e sulla popolazione di pecorelle smarrite dopo la dipartita del mentore e padre della nuova razza umana Pilcher. Questa teoria avrebbe avuto più senso nell’ordine logico degli avvenimenti, considerando il risveglio di Theo in un momento fatidico nel quale la sorella di Pilcher, unica dottoressa della città, era passata a miglior vita a causa delle divergenze progettuali di fondo. Nella versione poi portata su schermo invece lo scongelamento di Theo sarebbe avvenuto solamente quattro anni dopo la morte di Pilcher e dell’ultima dottoressa. In questo periodo però la prima generazione avrebbe continuati ad impratichirsi nell’arte medica senza alcun mentore o insegnante qualificato, ma fondandosi unicamente sulla fortuna e sul numero di tentativi possibili (vista la possibilità di rimpiazzare le persone con i surgelati Findus). Tornando quindi al nuovo protagonista, egli si mostra in tutto e per tutto, fin da primissimo istante come una copia sputata del primo protagonista, ovvero Ethan Burke, colui che aveva tentato di sovvertire l’ordine sociale di una società succube del despota. Una somiglianza tra personaggi forse troppo spiccata.


La nuova situazione che ci viene presentata nell’ormai pienezza dell’operato della prima generazione è forse l’elemento più interessante di tutti i primi due episodi. Ci si para dinnanzi uno spaccato postapocalittico e futuristico, ma molto reale, di una situazione di conflitto in cui una delle due fazioni ha soggiogato la popolazione con la forza delle armi e ha piegato la volontà comune attraverso il terrore. Un regno dispotico che non prevede un dialogo alla base della politica comune, ma richiede la sacra ubbidienza in nome del padre fondatore dell’arca. In questo sistema vige severa la caccia all’uomo: gli abitanti vengono spinti dalla paura, dalle circostanze e dall’indottrinamento che ha luogo fin dalla tenera età a denunciare i propri vicini di casa perché possibili rivoluzionari, perché appartenenti ad una nuova classe sociale diversa di colore nell’anima. Questa situazione, davvero ben caratterizzata attraverso sfumature di sguardi, silenzi ed episodi specifici fatti passare per quotidianità, potrebbe ricordare da vicino la spasmodica ricerca di un colpevole rosso durante la Guerra Fredda in Occidente o la condizione di sfiducia alla quale erano costrette le popolazioni su cui si abbatté la furia omicida di Hitler. Emerge qualcosa di storicamente plausibile da questa ricostruzione totalitaria all’interno della quale l’asserzione volontaria silenziosa è guidata da un’altra banalità del male, l’ennesima.


Se da un lato però le circostanze riescono a rendere accattivante lo svolgimento dei trattati di guerra e pace all’interno della città, dall’altro le vicende di quelli che furono i protagonisti della prima stagione appaiono fin troppo abbozzate, esageratamente caricate di un pathos che non sussiste e non resiste ai colpi della noia. Ben si presenta come il capo della fazione rivoluzionaria per la sola dote innata di essere figlio del padre valoroso che fu, ma ciò non basta a caratterizzare la nuova veste che dovrebbe ricoprire e un attimo dopo lo si ritrova in piazza a costituirsi per salvare la vita a tre militanti della congrega di rivoltosi, rendendo improponibile una storia non detta in cui questi ragazzacci avrebbero tenuto in scacco l’intera prima generazione e quindi l’intera città per poi arrendersi subitamente, senza pretese di accordi. La stessa Kate, motivo immotivato dello scongelamento di Theo, resta in scena per poche sequenze, prima di togliersi la vita perché “Questo futuro non è il suo mondo”. Notevole l’attaccamento dei rivoltosi alla causa. Ma il culmine dell’inutilità e della contro produttività in merito alle relazioni tra la prima e la seconda stagione si ha nell’attimo esatto in cui Ben, giovane leader dei rivoltosi, si arrende al regime e agli Abby, lasciandosi divorare in malo modo e segnando definitivamente il solco tra le due stagioni, ch ora si presentano davvero come due corpi estranei, rinnovati nel cast, ma non nelle dinamiche. La paura è infatti una copia poco originale e con meno suspance della prima stagione, con Theo il medico paladino della giustizia a sostituire Ethan paladino della giustizia. Le variabili che potrebbero incrementare l’interesse relativo a questo prodotto mediocre nella scrittura, ma passabile dal punto di vista tecnico, si riducono ormai all’osso, lasciandoci prospettare una serie pomeridiana, di quelle da guardare con la coda dell’occhio mentre ci si diletta a svolgere attività più produttive, quali l’ozio. Dov’è finito il mistero di Lynch?

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