Ci sono le vacanze. Il corpo va in vacanza e lo spirito e
la mente si accodano. Ma, quando ti prende la passione per le serie tv, te le
porti dietro anche se vai dall’altra parte del mondo. Cambiando lo stato
mentale, deve cambiare però anche il tipo di serie tv; e allora si passa dalle
complicate "The Knick" e "Mr. Robot" a sitcom leggere, a teen drama, a serie appena
appena horror, di quegli horror che le porte cigolano. In quest’ottica, l’incontro
di mistero, teen drama, slasher e gore costituito da “Scream” rappresenta il
massimo che un appassionato di serie tv potrebbe desiderare da un prodotto
fresco, estivo e al gusto di limone. Mi correggo: Scream “rappresentava” il
massimo, prima che arrivasse l’immensità di Stranger Things; ma quella è un’altra
storia.
Non è tutto oro però quello che ha trovato l’uomo zoppo
che ha imparato a zoppicare andando con la gatta a lardo nella mezza stagione
che non esiste più, e nel corso della prima stagione di “Scream” alcuni
elementi che ne determinavano l’immediatezza e la leggerezza, marchi di
fabbrica propri della serie, sono degenerati nella loro semplicità, andando
talvolta ad inficiare la qualità dello show. I personaggi in primis non sono
riusciti a manifestare un’evoluzione degna di nota, sembrando spesso delle
copie di loro stessi nel tempo. Difficilmente si sono scrollati di dosso lo
stereotipo a cui erano stati associati nel corso della presentazione iniziale
dei vari protagonisti. Anche quelli che sembrerebbero aver subito i cambiamenti
più significativi, come Emma, in realtà paiono incastrati in uno sviluppo
ciclico che li riporta sempre nella medesima condizione e li spinge a voler
ricercare un equilibri che appartiene ad una situazione passata. Questa tendenza
porta i protagonisti a svolgere spesso le medesime attività, a formulare
pensieri sempre molto simili in situazioni differenti, e ciò non giova affatto
allo sviluppo differenziato e originale di una storia più complessa nel corso
di una serie.
Associata alla staticità delle personalità coinvolte
nella serie, emerge la questione della gestione dei tempi, probabilmente il
tasto più dolente che si possa toccare nell’analisi di questo prodotto
giovanile. Se valutate con un minimo di raziocinio, le reazioni dei
protagonisti sono completamente sbagliate nei tempi. personaggi che subiscono
un lutto molto prossimo e la scena dopo si aprono alla vita perché la stessa è
breve e non può essere sprecata a piangere i defunti, altri che dubitano di un
loro caro per poi riabbracciarlo come se niente fosse appena trenta secondi
dopo, gente che continua a dare feste da centinaia di invitati, tutti
rigorosamente minorenni, nonostante ci sia in giro un assassino da ben OTTO
puntate. Direi che OTTO puntate - che, tradotte in tempo terrestre narrato
nella serie, sarebbero qualcosa come tre mesi - potrebbero bastare a farti
assumere un comportamento leggermente differente da quello delle bionde
sprovvedute nei film horror anni ’90. O dei neri, quelli in qualsiasi teen
slasher, che muoino per primi. Molti dettagli, reazioni, relazioni e stati d’animo
non collimano e mai potrebbero farlo con la realtà dei fatti che vorrebbero
presentarci sullo sfondo delle vicende adolescenziali dei giovani abitanti di
Lakewood.
Ma la vera scelta che mi ha fatto storcere il naso di
circa 180° è stata quella relativa al finale, all’assassino, alle sue
motivazioni e allo svolgimento successivo alla risoluzione del caso che ha
aperto le porte alla seconda stagione. A questo punto però devo avvertirvi
della presenza di spoiler, pericolosi, vista la tenera età della prima stagione
in questione, conclusasi appena un anno fa.
SPOILER ALERT
Scream, la serie di film, è sempre stata fondata sul
gioco che si instaurava tra il regista e lo spettatore, invitato a crearsi una
sua idea sull’identità dell’assassino, idea che sarebbe poi stata smontata
sistematicamente ogni pochi minuti, per essere poi riformulata in un continuo
duello cerebrale. Il primo film, quello del 1996, è senza dubbio il migliore
dell’intera quadrilogia, perché riusciva perfettamente a far dubitare di tutti
e il finale lasciava spiazzati perché, attraverso l’espediente del doppio,
psicopatico serial killer, venivano automaticamente smontate tutte le ipotesi “usuali”
formulate dal pubblico. Un espediente narrativo unico, che infatti, sfruttato
nel primo film, ha relegato tutti gli alti capitoli successivi della serie ad
un gradino inferiore. In ogni caso, nonostante la scelta doppia, gli spettatori
ebbero comunque la soddisfazione della scoperta piena del serial killer, senza
appendici o strascichi forzati.
Nella prima stagione della serie tv il gioco si è
ripetuto, con gli spettatori chiamati ad aguzzare la vista in cerca di indizi
nei momenti cardine, ossia quelli degli agguati dell’assassino vestito da Brandon
James. Nel mio caso, dopo un inizio titubante, mi sono deciso a prendere carta
e penna e segnare, per ogni apparizione del serial killer, il luogo in cui
sarebbero dovuti essere tutti gli altri personaggi, per verificare poi, a conti
fatti, alibi, versioni e situazioni. Secondo i miei calcoli l’assassino sarebbe
dovuto essere il professor Branson, ma l’espediente già usato nel primo film
della serie ha vanificato ogni gioco d’ipotesi. Se per il film però l’essere
sostanzialmente canzonati per un’ora e mezza poteva essere anche divertente,
per quanto riguarda una serie di dieci episodi il gioco scherzoso comincia a
farsi pesante se riletto sotto queste luci posteriori. E così perde d’interesse
l’assassino con tutti i suoi perché. A contribuire a questo momento non all’altezza,
una costruzione delle sequenze finali non all’altezza: tutto si è svolto in
maniera eccessivamente veloce, non abbiamo capito i dubbi riguardanti l’identità
di genere del figli di Daisy e Brandon né i piani della psicopatica
giornalista. Tutto è sfumato sul più bello, lasciandoci frettolosamente alle
consuete scene riappacificanti, rotte infine dal riassunto del nuovo indagatore
dell’incubo di Lakewood e dalle sue supposizioni.
FINE SPOILER
Si potrebbe però anche parlare del divertimento, dei
riferimenti ai capisaldi del genere, del meta cinema e delle citazioni dalla
serie originale, di Noah e di Audrey e di tutti gli aspetti positivi che fanno
di Scream una serie appassionante e coinvolgente, ma nel titolo c’è scritto “NÌ”
e di “nì” vi ho parlato. La serie di Netfix è comunque riuscita a tenermi
incollato allo schermo con leggerezza, dosando perfettamente momenti a diverse
velocità per non stancare mai. E così facendo è volata in un lampo, allietando
pomeriggi e serate afose. Per cui, se avete amato l’omonima serie di film, non
potete assolutamente lasciarvi sfuggire questo piccolo cult televisivo, con tutti i problemi e le umane imperfezioni; se
invece cercate solamente una serie d’intermezzo per passare le vuote giornate d’agosto,
Scream potrebbe fare al caso vostro. E se invece avete già visto la prima
stagione cosa ne pensate? Siete rimasti soddisfatti dalle scelte conclusive? Pensate
anche voi che i Lakewood Six tramano ancora qualcosa? Ops, rispoiler.
Nessun commento:
Posta un commento