mercoledì 17 agosto 2016

PERCHÈ LA PRIMA STAGIONE DI SCREAM È “NÌ”

Ci sono le vacanze. Il corpo va in vacanza e lo spirito e la mente si accodano. Ma, quando ti prende la passione per le serie tv, te le porti dietro anche se vai dall’altra parte del mondo. Cambiando lo stato mentale, deve cambiare però anche il tipo di serie tv; e allora si passa dalle complicate "The Knick" e "Mr. Robot" a sitcom leggere, a teen drama, a serie appena appena horror, di quegli horror che le porte cigolano. In quest’ottica, l’incontro di mistero, teen drama, slasher e gore costituito da “Scream” rappresenta il massimo che un appassionato di serie tv potrebbe desiderare da un prodotto fresco, estivo e al gusto di limone. Mi correggo: Scream “rappresentava” il massimo, prima che arrivasse l’immensità di Stranger Things; ma quella è un’altra storia.


Non è tutto oro però quello che ha trovato l’uomo zoppo che ha imparato a zoppicare andando con la gatta a lardo nella mezza stagione che non esiste più, e nel corso della prima stagione di “Scream” alcuni elementi che ne determinavano l’immediatezza e la leggerezza, marchi di fabbrica propri della serie, sono degenerati nella loro semplicità, andando talvolta ad inficiare la qualità dello show. I personaggi in primis non sono riusciti a manifestare un’evoluzione degna di nota, sembrando spesso delle copie di loro stessi nel tempo. Difficilmente si sono scrollati di dosso lo stereotipo a cui erano stati associati nel corso della presentazione iniziale dei vari protagonisti. Anche quelli che sembrerebbero aver subito i cambiamenti più significativi, come Emma, in realtà paiono incastrati in uno sviluppo ciclico che li riporta sempre nella medesima condizione e li spinge a voler ricercare un equilibri che appartiene ad una situazione passata. Questa tendenza porta i protagonisti a svolgere spesso le medesime attività, a formulare pensieri sempre molto simili in situazioni differenti, e ciò non giova affatto allo sviluppo differenziato e originale di una storia più complessa nel corso di una serie.
Associata alla staticità delle personalità coinvolte nella serie, emerge la questione della gestione dei tempi, probabilmente il tasto più dolente che si possa toccare nell’analisi di questo prodotto giovanile. Se valutate con un minimo di raziocinio, le reazioni dei protagonisti sono completamente sbagliate nei tempi. personaggi che subiscono un lutto molto prossimo e la scena dopo si aprono alla vita perché la stessa è breve e non può essere sprecata a piangere i defunti, altri che dubitano di un loro caro per poi riabbracciarlo come se niente fosse appena trenta secondi dopo, gente che continua a dare feste da centinaia di invitati, tutti rigorosamente minorenni, nonostante ci sia in giro un assassino da ben OTTO puntate. Direi che OTTO puntate - che, tradotte in tempo terrestre narrato nella serie, sarebbero qualcosa come tre mesi - potrebbero bastare a farti assumere un comportamento leggermente differente da quello delle bionde sprovvedute nei film horror anni ’90. O dei neri, quelli in qualsiasi teen slasher, che muoino per primi. Molti dettagli, reazioni, relazioni e stati d’animo non collimano e mai potrebbero farlo con la realtà dei fatti che vorrebbero presentarci sullo sfondo delle vicende adolescenziali dei giovani abitanti di Lakewood.
Ma la vera scelta che mi ha fatto storcere il naso di circa 180° è stata quella relativa al finale, all’assassino, alle sue motivazioni e allo svolgimento successivo alla risoluzione del caso che ha aperto le porte alla seconda stagione. A questo punto però devo avvertirvi della presenza di spoiler, pericolosi, vista la tenera età della prima stagione in questione, conclusasi appena un anno fa.


SPOILER ALERT

Scream, la serie di film, è sempre stata fondata sul gioco che si instaurava tra il regista e lo spettatore, invitato a crearsi una sua idea sull’identità dell’assassino, idea che sarebbe poi stata smontata sistematicamente ogni pochi minuti, per essere poi riformulata in un continuo duello cerebrale. Il primo film, quello del 1996, è senza dubbio il migliore dell’intera quadrilogia, perché riusciva perfettamente a far dubitare di tutti e il finale lasciava spiazzati perché, attraverso l’espediente del doppio, psicopatico serial killer, venivano automaticamente smontate tutte le ipotesi “usuali” formulate dal pubblico. Un espediente narrativo unico, che infatti, sfruttato nel primo film, ha relegato tutti gli alti capitoli successivi della serie ad un gradino inferiore. In ogni caso, nonostante la scelta doppia, gli spettatori ebbero comunque la soddisfazione della scoperta piena del serial killer, senza appendici o strascichi forzati.
Nella prima stagione della serie tv il gioco si è ripetuto, con gli spettatori chiamati ad aguzzare la vista in cerca di indizi nei momenti cardine, ossia quelli degli agguati dell’assassino vestito da Brandon James. Nel mio caso, dopo un inizio titubante, mi sono deciso a prendere carta e penna e segnare, per ogni apparizione del serial killer, il luogo in cui sarebbero dovuti essere tutti gli altri personaggi, per verificare poi, a conti fatti, alibi, versioni e situazioni. Secondo i miei calcoli l’assassino sarebbe dovuto essere il professor Branson, ma l’espediente già usato nel primo film della serie ha vanificato ogni gioco d’ipotesi. Se per il film però l’essere sostanzialmente canzonati per un’ora e mezza poteva essere anche divertente, per quanto riguarda una serie di dieci episodi il gioco scherzoso comincia a farsi pesante se riletto sotto queste luci posteriori. E così perde d’interesse l’assassino con tutti i suoi perché. A contribuire a questo momento non all’altezza, una costruzione delle sequenze finali non all’altezza: tutto si è svolto in maniera eccessivamente veloce, non abbiamo capito i dubbi riguardanti l’identità di genere del figli di Daisy e Brandon né i piani della psicopatica giornalista. Tutto è sfumato sul più bello, lasciandoci frettolosamente alle consuete scene riappacificanti, rotte infine dal riassunto del nuovo indagatore dell’incubo di Lakewood e dalle sue supposizioni.

FINE SPOILER


Si potrebbe però anche parlare del divertimento, dei riferimenti ai capisaldi del genere, del meta cinema e delle citazioni dalla serie originale, di Noah e di Audrey e di tutti gli aspetti positivi che fanno di Scream una serie appassionante e coinvolgente, ma nel titolo c’è scritto “NÌ” e di “nì” vi ho parlato. La serie di Netfix è comunque riuscita a tenermi incollato allo schermo con leggerezza, dosando perfettamente momenti a diverse velocità per non stancare mai. E così facendo è volata in un lampo, allietando pomeriggi e serate afose. Per cui, se avete amato l’omonima serie di film, non potete assolutamente lasciarvi sfuggire questo piccolo cult televisivo, con tutti i problemi e le umane imperfezioni; se invece cercate solamente una serie d’intermezzo per passare le vuote giornate d’agosto, Scream potrebbe fare al caso vostro. E se invece avete già visto la prima stagione cosa ne pensate? Siete rimasti soddisfatti dalle scelte conclusive? Pensate anche voi che i Lakewood Six tramano ancora qualcosa? Ops, rispoiler.

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