mercoledì 20 dicembre 2017

MACERIE PRIME

Da vignettista campanilista e underground, Zerocalcare è diventato la voce di una generazione disagiata. È in grado di dare parola ad un sottobosco di storie reali che non sembrano andare da nessuna parte, colorandole con un significato ironico e amaro.


Dopo Kobane Calling, capolavoro impegnato dell’autore, la conferma era tutt’altro che scontata. Eppure, partendo da una scomoda quotidianità, Calcare ha trovato il piglio per aprire un discorso in due volumi sulla difficoltà di vivere queste macerie post-contemporanee. Macerie Prime si sviluppa attraverso due fili narrativi, uno tendente al realismo, l’altro più vicino al postapocalittico di Ken il guerriero. Questi due elementi sono riuniti da un legame di personaggi e spiriti negativi che regolano i sentimenti peggiori. I temi trattati tornano dai precedenti lavori: dalla precarietà alla routine, dal tempo alla memoria fino al cameratismo di Rebibbia, ma stavolta sono mescolati in una chiave più dura, che sa sdrammatizzare e al contempo colpire alla bocca dello stomaco.
Le macchiette comiche delle prime opere si sono evolute verso personaggi con un background che consente loro uno slancio, anche se minimo, al futuro. Ciò rende l’opera viva nella sua evoluzione verso un finale difficile e tronco.


Macerie prime è il loop temporale che si genera nel paradosso della nostra società e che rende impossibili i rapporti duraturi per una frustrazione interiore che arriva dal tempo che passa senza che questo presente possa divenire futuro. E torniamo a rifugiarci in un passato setacciato che ci riporta agli stessi rapporti che ci chiudono nel presente e definiscono chi siamo. Il circolo infinito dell’odio e della ripetizione dei sentimenti ripudiati, rifioriti e riappassiti. Possiamo essere sempre solo noi stessi, all’ombra di un’immagine futura che non raggiungeremo mai.



Zerocalcare ha sviluppato l’incredibile capacità di rompere gli schemi intellettuali per parlare di noi, nel profondo, con poche, semplici vignette. Trova sempre la giusta metafora, il paragone alla cultura pop, la parola più leggera per l’idea più pesante. E questo dono fa delle sue opere miniere di umanità di cui non si vede il fondo. Macerie prime è l’incipit di un racconto che sa toccare le corde giuste per mostrare alcuni tesori della miniera e parlare sulla verità con le nostre parole, le nostre immagini.

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