“Vent’anni di berlusconismo. Ecco cosa succede dopo vent’anni
di berlusconismo”
Alla fine Guzzanti è uscito allo scoperto, con una frase
semplice, diretta, che non maschera la satira dietro altra satira, ma che
dichiara le intenzioni di una miniserie e connota ulteriormente il quadro
generale, aggiungendo un filo logico che alza notevolmente il livello tecnico
della scrittura, seppur questo non riesca complessivamente a riempire tutte le
falle di cui avevamo parlato la scorsa settimana, nel commento al secondo
episodio della serie.
Questo terzo capitolo, nella sua precisione e con una
dose notevole di coinvolgimento, si presenta come turning point della
miniserie. Lo spettro di Bizio Capoccetti infatti sembra aver preso il
sopravvento, come per l’ultimo Hyde, sia nell’aspetto esteriore che nella
personalità. Se prima infatti eravamo abituati a scontrarci col rozzo comico
solo nelle sudate notti all’Odeon, ora, complice la mancanza della
badante-infermiera rumena, le parti si sono invertite: Capoccetti gira a piede
libero anche di giorno al grido di “Nummero uno!” (tormentone già cult - almeno
per me). Questo capovolgimento dei ruoli si è manifestato anche nella seconda
linea narrativa, quella del sogno che affligge il povero Bambea e che,
presumibilmente, precede il risveglio della “bestia”. Nel ricordo onirico dell’incidente,
infatti, non v’è più traccia dell’ultimo intellettuale italiano.
Si è detto per anni che Guzzanti fosse eccessivamente
influenzato dal suo credo politico nella scrittura dei suoi pezzi satirici. Nel
caso di “Dov’è Mario?”, con il protagonista sdoppiato nella personalità, il
comico romano riesce a colpire con la stessa efficacia i figli del
berlusconismo arrogante subito in questi anni e i finti intellettuali di
sinistra che vorrebbero guardare il mondo da una posizione soprelevata, data dal
loro bagaglio culturale. Due realtà coesistenti nella nostra società, due
manifestazioni della decadenza. Esilarante e drammatica la scena in cui l’equipe
di #massimiesperti realizza che la scoperta del disturbo di Bambea causerebbe
la fine della sinistra in Italia. Una verità, per una sinistra antica che non c’è
davvero più, ma che sopravvive nelle parole benpensanti di giovani attempati che
non ci credono più da tempo.
Il vero punto a favore di questo episodio è il ritorno
alla risata, quella amara e realistica che aveva caratterizzato alla perfezione
il primo episodio, ma che era stata in parte oscurata dalle problematiche della
serie nel secondo. Stavolta i tempi sono invece bilanciati in maniera più
intelligente. Mancano così tempi morti o situazioni-riempitivo talvolta
passabili, talvolta evitabili. Restano ancora alcune scelte discutibili, come
quella di virare spesso verso il trash, non solo contenutistico, ma anche visivo.
Scelta che sarebbe giustificata dalla volontà di trasporre per immagini un
modello, quello del neoberlusconismo, centrale nella critica satirica e nella
narrazione, ma che in alcuni frangenti appare esagerato e rischia di abbassare
il livello medio di una produzione che invece, in termini tecnici sta
mostrando, puntata dopo puntata, nuovi spunti interessanti che l’avvicinerebbero
più a serie blasonate che ad alcune comedy, magari nostrane, magari scadenti.
Ciò che è emerso da questo terzo episodio è la volontà di
Corrado Guzzanti di tirare le fila, di riprendere da dove aveva lasciato e di
rispondere al quesito lasciato insoluto: “Dove eravamo?”. “Dov’è Mario?” è
sostanzialmente questo: un aggiornamento del momento, uno specchio sull’Italia,
per capire dove eravamo quando Berlusconi cominciava a massificare nel basso
dello squallore sociale, politico e televisivo, e dove siamo arrivati oggi,
quando la società non vede di buon occhio ciò che esula il caro e amato
berlusconismo. Una serie che appare in una maniera, ma nasconde ben altro. Non come
noi, che appariamo superficiali e tentiamo in tutti i modi di trasmettere
questa superficialità anche al nostro interno.
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