Il quindicesimo episodio rappresenta la conferma dell’unicità
di questa stagione evento, che non vedrà altre “Parti” oltre le 18 previste da
Showtime. A darne una prova concreta è un unicum per la serie: la conclusione
di una sottotrama. E mai conclusione fu più dolce della promessa di matrimonio
di Norma e Big Ed. L’attesa ha richiesto qualche anno più del previsto, ma la
gioia infantile dipinta sul volto di Ed appena entrato al Double R per
dichiarare la fine della latitanza amorosa è impagabile. La conclusione della
meta-mini-avventura di Norma con il suo franchise poi arricchisce il messaggio
di un senso definitivo che colpisce a cuore di chi era sul divano di casa nel
1991 a tormentarsi sulla fine di Laura Palmer.
Altra conclusione obbligatoria, necessaria e giustamente incensata
è la scomparsa della signora ceppo. Perché termina la scrittura di un
personaggio storico, iconico della televisione, ma soprattutto perché ci lascia
Catherine Coulson, amica di Lynch, professionista esemplare che ha voluto
ritagliare del tempo ai suoi ultimi attimi per la realizzazione delle sue apparizioni in questa
terza stagione, per essere ancora parte di un progetto meraviglioso. E la serie
le ha riservato il dovuto tributo, toccante e sobrio allo stesso tempo, con
Hawk che annuncia la sua dipartita in una penombra più vicina agli esordi della
serie, più vicina all’inizio che alla fine. Comprendere la visione della morte
di una artista dello spessore di David Lynch è un’impresa impossibile, ma
cogliere le sfumature di un messaggio d’amore così sincero va oltre l’esperienza
televisiva.
There’s some fear, some fear in letting go
You know about death, that is just a change,
not an end.
La signora ceppo poi è anche in grado di lasciarci in
eredità due frasi criptiche:
My log is turning
gold;
Watch for that one,
the one I told you about, the one under the moon, on Blue Pine Mountain.
La prima affermazione fa riferimento al legame che
intercorre fin dai tempi della prima stagione tra lo spirito de marito
intrappolato nel ceppo e il regno delle logge. L’oro richiama il materiale di
cui sono fatti gli anelli spirituali che fungono da strumenti di connessione con
la loggia nera per gli uomini. È presumibile che la morte di Margareth possa
liberare anche lo spirito del marito e quindi permettergli di terminare il suo
prolungato trapasso.
La seconda affermazione invece ha una connessione
maggiore con la trama e quello che sarà: Hawk è stato precedentemente istruito
dalla signora ceppo su ciò che lo aspetta lo notte in cui presumibilmente tutto
giungerà ad una conclusione. Un uomo che si manifesterà di notte, sul Blue Pine
Mountain, lo stesso sul quale la squadra dello sceriffo Truman ha ritrovato
Naido. Suppongo questo sia lo stralcio di una previsione riguardante Bob e il
fatto che il suo aspetto attuale possa trarre in inganno il gruppo di Hawk.
La vicenda tragicomica di James (Jim) e Freddie è
solamente un pretesto per riunire due armi fondamentali per il Fireman della
loggia bianca sotto lo stesso tetto. In attesa di scoprire il senso della
presenza d’ubriaco che gronda sangue, il quale - continuo a sostenere -
potrebbe essere lo stesso Bill di cui è in cerca Audrey.
Intanto la narrazione torna ad interessarsi di Coop, in
attesa che gli ordini di Gordon Cole vengano messi in atto dagli agenti locali
e Dougie Jones venga consegnato alle autorità competenti. Dopo aver udito il
nome di Gordon Cole alla televisione, Coop viene quindi spinto verso la presa
della corrente elettrica e, introducendo la forchetta in uno dei tre fori,
sembra rimanere apparentemente fulminato. La speranza condivisa, vista la
funzionalità attribuita spesso all’elemento elettrico, è naturalmente quella
del risveglio effettivo di Dale Cooper, ricostruendo così una situazione
generale molto simile a quella delle prime due stagioni, con un protagonista
indiscusso a fare da collante tra le varie bizzarre situazioni secondario. La dispersione
voluta di questa terza stagione evento è stata anche frutto della mancanza
della figura carismatica dell’agente Cooper, il quale, con il suo ritorno,
potrebbe davvero dare la svolta definitiva verso il finale dell’epopea di Twin
Peaks. Il ritorno del vero Coop è causa per me di una trepidazione maggiore
rispetto a quella provata nell’attesa dell’intera terza stagione.
Ma passiamo al vero cuore pulsante dell’episodio, l’evento
che ha ipnotizzato gli spettatori, confondendoli e ammaliandoli: l’incontro tra
Bob e Phillip Jeffries. Ci sono delle dovute premesse da fare sull’intero
evento. Non è possibile infatti tralasciare il fatto che i discorsi su Judy vengano
ripresi direttamente dai “Missing Pieces”, una sezione extra contenuta
unicamente nel cofanetto “Twin Peaks the ultimate collection”, distribuito nel
2016. Questo per dire che, a differenza di molte produzioni, anche di successo,
Lynch non ha improvvisato nulla nella sua costruzione de capolavoro, ripescando
se stesso e autocitandosi in un’opera assolutamente metatelevisiva, che attinge
ad un complesso di fonti sconosciute ai più.
In questo episodio vediamo inoltre per la prima volta Bob
nei panni di Cooper essere messo alle strette da un concatenarsi di eventi che
neanche lui riesce a decifrare. Per la prima volta lo vediamo alzare la voce
nel tentativo di avere delle risposte, che sono anche le risposte allo nostre
domande, ma che dovremo pazientare ancora per ottenere.
Il luogo attraverso cui Bob arriva a colloquio con
Phillip è l’emporio - presentato per la prima volta nel celeberrimo ottavo
episodio - che abbiamo riconosciuto come la matrice e il punto di riferimento
fisico dei taglialegna (così chiamati nei titoli di coda) dal volto truccato di
nero. Dobbiamo correggere un particolare: non è provato che l’emporio possa
fare anche da generatore di entità simili, poiché il suono elettronico, unito
al fumo bianco, che avevamo collegato ad una generazione è in realtà la
modalità attraverso cui questi spiriti viaggiano nelle varie dimensioni e
presumibilmente si spostano sulla terra. Bob infatti sfrutta l’emporio per raggiungere
il Dutchman, un motel nel quale risiede lo spirito di Phillip Jeffries,
intrappolato in una stufa antica. La donna che apre la porta a Bob ci conferma
che il motel si trova in una dimensione metafisica.
Phillip Jeffries non sembra rendersi conto di avere di
fronte l’entità di Bob nel corpo di Coop e non il suo collega. Egli rivela
quindi alcuni dettagli che cambiano le carte in tavola rispetto agli ultimi
eventi: non sarebbe stato Phillip a inviare Ray ad uccidere Bob, ma Judy, della
quale lo stesso Phillip sembra riluttante a parlare. Egli confessa però,
pensando di trovarsi di fronte a Coop, che il suo interlocutore avrebbe già
incontrato questa persona e rivela quindi a Bob le coordinate per trovare Judy.
In tutto questo però, perché Ray avrebbe attribuito a Phillip l’incarico di
uccidere Bob quando lo stesso agente non sembra al corrente degli eventi degli
ultimi venticinque anni? Phillip è infatti perennemente fuori dal tempo e anche
quando, in FWWM torna alla realtà per alcuni frangenti, si inganna sulla vera
identità di Coop, deducendo che sia già posseduto da Bob. Due versioni dello
stesso personaggio: la prima è onnisciente sul futuro prossimo, la seconda invece
non riconosce il presente quando questo bussa alla porta del suo motel. Nel suo
essere una stufa antica, il personaggio che fu di David Bowie continua a
generare mote perplessità sul suo passato, sulla sua scomparsa e sul suo legame
con le logge.
L’attesa della risoluzione comincia a farsi spasmodica e
riconnettere insieme tutti questa aspetti dello stesso intero potrebbe regalare
una conclusione spettacolare. Lynch ha dichiarato che tutto avrà un senso, alla
fine tutto troverà un posto. Mi auguro
che ciò avvenga, senza però eccedere nella finitezza, perché la magia di Twin
Peaks e del ritorno tra i suoi boschi si è nascosta proprio nell’infinità di
una storia che non può terminare per sempre. Dovrà vivere ancora nelle nostre
menti, come è stato per venticinque lunghissimi anni.
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