giovedì 17 agosto 2017

TWIN PEAKS 3 - EPISODI 12, 13 & 14

Riprendere il filo di una creatura così dispersiva e meravigliosamente contorta dopo tre settimane di assenza potrebbe essere un’operazione complessa. Perché a Twin Peaks è una sfumatura che fa la differenza tra la totale immersione e la visione di un corpo estraneo. Perché questi tre episodi rappresentano un trittico ideale che porta avanti in modo significativo la trama poggiandosi proprio sui più reconditi dettagli degli episodi precedenti. Il dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo episodio sono infatti costruiti su un crescendo di tensione e terrore che trova il suo compimento nel sogno di Gordon e nel volto di Sarah Palmer. Molte parole per dare un senso ad immagini passate, ma non abbastanza da chiarire il quadro generale. Lynch, nella sua caparbia artisticità, diventa Norma e rincara la dose a quattro episodi dalla conclusione, introducendo altri elementi di disturbo nel complesso di alcune sottotrame che tendono a convergere verso un unico punto indicato da tutte le coordinate mostrate: Twin Peaks, Washington. Non c’è da stupirsi se la soluzione ad enigmi precedenti possa trovare la sua chiave risolutiva proprio in funzione di un dettaglio successivo. Così non avremmo mai potuto raggiungere la verità con le nostre gambe, ma abbiamo creduto di poterlo fare, e tanto è bastato per spingerci alla ricerca.
Sarebbe inutile e pedissequo soffermarsi su situazioni dei singoli episodi che hanno avuto uno sviluppo significativo nel corso delle puntate successive, quindi tenteremo di procedere tirando le fila del discorso fino al momento corrente.


Dopo averne discusso ampiamente, dopo aver fantasticato sul senso di un’immagine irreale, veniamo finalmente accontentati con una spiegazione definitiva sulla rosa blu. “Blue Rose” non si trova in natura, è l’appellativo della particolare sezione dell’FBI composta da Gordon e Albert che si occupa appunto di investigare su omicidi legati a fenomeni paranormali di doppelganger. “Blue Rose” era ciò in cui eravamo invischiati da venticinque anni senza conoscerne il nome. Eppure nella task force non era presente il maggiore Briggs, attorno al quale aleggia ancora una densa coltre di mistero. Eppure proprio il maggiore Briggs, nel mare viola della loggia bianca, pronunciava ad uno smarrito Cooper le parole “Blue Rose”. Che sia stato un monito arrivato da un personaggio conscio della vera natura della duplicità del mondo o solamente una costatazione ulteriore del processo nel quale era ed è tuttora invischiato l’agente speciale Cooper? Dove si trovano i doppelganger di Phillip Jeffries e di Chester Desmond? Se ipotizziamo, come è possibile dedurre dal finale della seconda stagione, che i doppelganger della loggia nera possono accedere al mondo reale se e solo se la loro controparte umana resta rinchiusa in una dimensione alternativa come quella della loggia, allora delle copie degli agenti potrebbero essere a piede libero e contemporaneamente gli originali potrebbero essere ancora rinchiusi nella loggia nera, da dove Phillip avrebbe contattato Ray per uccidere Bob nel corpo di Cooper.


A proposito di Ray, attraverso un interrogatorio al cardiopalma, viene aggiunto un ulteriore elemento alla questione degli anelli della loggia, che si ricollega direttamente alla scomparsa di Chester Desmond in FWWM. Ormai sappiamo che gli anelli, infilati al dito spirituale, legano l’anima dell’individuo alla loggia nera. Ray infatti, come Dougie Jones, nel momento del trapasso finisce al cospetto di Mike. La mossa di Bob sembra essere un chiaro smacco al suo rivale senza un braccio, che dallo loggia nera tenta in ogni modo di contrastare la diffusione del male assoluto nel mondo reale. In questo gioco di forze continuo non si spiega però né la sparizione di Chester Desmond nell’istante esatto in cui ha sfiorato l’anello sotto la roulotte in FWWM, né l’utilizzo talismanico che Laura Palmer faceva dell’anello in suo possesso. La risposta a tutto ciò potrebbe essere una complicazione situazionale ulteriore: l’anello potrebbe essere uno strumento neutro che lega generalmente un essere umano alla loggia, e, in base alla fattura eseguita sull’oggetto mistico, potrebbe cambiare anche il suo funzionamento, entro certi limiti. Una spiegazione che io per primo non ritengo sufficientemente soddisfacente, anche alla luce della precisione di alcuni dettagli lynchiani. Aspettiamo quindi di comprendere appieno il senso di questo elemento ricorrente.


Dopo mesi passati ad aspettare che un dettaglio aprisse la via ad un’unificazione delle trame capillari, ecco che Diane, personaggio meraviglioso, fisicamente introdotto solo nella terza stagione, chiude il cerchio con Janey-E e con Dougie Jones. Finalmente gli ultimi tasselli trovano una corrispondenza per confluire fluidamente verso l’epilogo della storia. L’elemento del doppio torna anche in questo caso, con due donne simili ma diverse che tendono alla ricerco dello stesso uomo, che ha le fattezze del marito dell’una, ma nasconde l’anima del presunto amante dell’altra. Intanto Diane continua il suo doppiogioco con Bob, e suppongo anche che le sue doti di ex-agente dell’FBI, sopravvissute ai fumi dell’alcolismo, la rendano conscia che anche la squadra “Blue Rose” sia a conoscenza delle sue azioni.


La spedizione dei quattro agenti di polizia locali sul Blue Pine Mountine porta all’impensabile: se potevamo prevedere un incontro diretto tra Hawk - anima del gruppo - e le forze sovrannaturali, è lo sprovveduto Andy a fare la parte dell’eroe e ad intrattenere una conversazione ideale con quello che si presenta come “Fireman”, il pompiere, colui che combatte il fuoco della loggia nera. Consapevole inaspettato della realtà dei fatti e dell’origine del male assoluto, seppur per un tempo breve, Andy trae in salvo Naido, la donna con gli occhi cuciti, per poi tornare ad essere il goffo poliziotto di sempre. Chi è Naido? L’incontro del gruppo - che potremmo ricondurre a quelli che furono i Bookhouse Boys - ha quindi una funzione ben precisa che è quella del recupero di Naido, visto che Andy sembra non essere consapevole del suo viaggio dimensionale e che gli altri membri del gruppo presentano un vuoto di memoria comune sull’accaduto. Naido è la chiave del piano del maggiore Briggs e quindi del “Fireman”. La donna, molto simile all’essere che ha generato Bob dopo l’esperimento nucleare nel ’45, potrebbe essere una delle armi finali nell’arsenale delle forze della loggia bianca. Un’altra arma, esplicitamente convocata dal “Fireman” in territorio statunitense è l’anglofono Freddie, collega di lavoro e amico di James, che, proprio seguendo le indicazioni del custode del bene, è entrato in possesso di una forza sovraumana grazie ad un guanto da giardinaggio. Al di là dell’ironia del racconto, l’evento ricorda da vicino la storia di Nadine all’epoca della perdita di memoria, durante la seconda stagione. Che si sia trattato anche in quel caso di un intervento di forze superiori nella vita quotidiana della cittadino di Twin Peaks?


Finalmente, dopo dodici lunghi episodi - e un’attesa durata venticinque anni-, torna a mostrarsi il personaggio di Audrey, e lo fa spiazzando lo spettatore. Non è la ricca ereditiera snob che potevamo attenderci, non sembra essere la donna di potere dietro il progetto della scatola di vetro a New York. Si tratta invece di una frastornata e confusa donna di mezz’età, incastrata in un matrimonio decisamente infelice con quello che non sembra essere l’uomo dei suoi sogni. La sua sottotrama, introdotta a sorpresa quando altre andavano chiudendosi, lascia interdetti sulle prime, apparendo completamente slegata dal contesto globale, quasi fosse fuori dal tempo, fuori da Twin Peaks. Ma sul calare della conversazione con il marito sull’amante Bill, Audrey afferma di non essere in grado di andare a controllare al Bang Bang Bar la presenza di Bill. Qualcosa, una forza oppressiva più forte della sua volontà le impedisce di agire. Negli ultimi istanti del quattordicesimo episodio, la figlia di Tina, l’ultima che avrebbe visto Bill, racconta ad una sua amica una scena inquietante che ricorda direttamente il finale della seconda stagione “Oltre la vita e la morte”. Bill potrebbe essere quindi l’uomo dal volto sfigurato, ancora grondante sangue, che siede nella cella accanto a quella di Naido e che ripete ogni suo verso. Questo puzzle manca di troppi elementi per poter essere ammirato, ma Bill, come lo è stato Coop alla fine della serie originale, potrebbe essere posseduto da un’entità della loggia. Si troverebbe quindi ad una grata di distanza due personaggi fondamentali per il prosieguo della trama. Ma resta l’interrogativo sulla situazione di Audrey, indubbiamente sinistra.


Il momento più alto di questi tre episodi è però certamente il racconto del sogno di Gordon in cui è presente una Monica Bellucci in grado di indicare la verità. In un meraviglioso bianco e nero, attraverso un crescendo di inquietudine, Lynch ci mostra il senso di un’opera visto da ancor più distante, in un’accezione teologica. Chi è il sognatore? Monica Bellucci ricorda anche a Gordon l’episodio della riapparizione di Phillip Jeffries (David Bowie - alla cui memoria è dedicato l’intero episodio) e la sua accusa a Cooper, precedentemente visto in FWWM. La definitiva conferma della teoria del doppelganger dietro il caso Dale Cooper per gli agenti della “Blue Rose”.


Chiudiamo quindi con il personaggio più raccapricciante del trittico di episodi, ovvero Sarah Palmer. La madre di Laura, presente sullo schermo con una frequenza sempre maggiore, sembra vivere un conflitto interiore incredibilmente profondo che sfocia nella scena dell’assassinio dell’uomo nel bar. Come Laura, anche Sarah è ormai solamente l’involucro di qualcosa di infinitamente più grande di lei, ma se per Laura potrebbe trattarsi del sommo bene, ciò che si nasconde dietro il volto di Sarah è l’oscurità assoluta. Questo elemento tende a confermarci che la ragazzina dell’ottavo episodio, quella nella cui bocca si faceva largo la rana alata nata dagli esperimenti nucleari, sia effettivamente Sarah. Non è chiaro quanto la donna sia ancora presente a se stessa e quanto sia consapevole eventualmente della sua situazione. In alcuni momenti sembra la madre disperata delle prime due stagioni, mentre in altri appare in accordo con l’essere che dimora dentro di lei. Ma questo essere è in grado di uscire allo scoperto? Dalla visita di Hawk a casa Palmer dopo l’incidente del supermercato si direbbe di sì, e anzi quella stessa sequenza proverebbe anche la connivenza tra la donna e il male che alberga in lei. Un’ulteriore freccia nella faretra della loggia nera e una conferma sulla predestinazione del storia, fin dai suoi primi capitoli.



Questo triplo episodio è caratterizzato da riferimenti ricorrenti al doppio, che è anche la prima immagine che venne proposta da Lynch: Twin Peaks. Tutto ruota attorno alla questione delle due logge e dei doppelganger, che spesso viene ridimensionata ad uno scontro ideale tra forze del bene e del male, ma che nasconde sfumature filosofiche ben più profonde. Tutto aveva un senso definito fin dal principio, legato ad un filo rosso di predestinazione che per decenni abbiamo seguito senza esserne consapevoli. Questa terza stagione non è un sequel, è un risveglio spirituale, e l’elemento meta televisivo del doppio nel nome e nella locandina è la conferma definitiva di una vita spesa per la sua arte.

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