Riprendere il filo di una creatura così dispersiva e
meravigliosamente contorta dopo tre settimane di assenza potrebbe essere un’operazione
complessa. Perché a Twin Peaks è una sfumatura che fa la differenza tra la
totale immersione e la visione di un corpo estraneo. Perché questi tre episodi
rappresentano un trittico ideale che porta avanti in modo significativo la
trama poggiandosi proprio sui più reconditi dettagli degli episodi precedenti. Il
dodicesimo, tredicesimo e quattordicesimo episodio sono infatti costruiti su un
crescendo di tensione e terrore che trova il suo compimento nel sogno di Gordon
e nel volto di Sarah Palmer. Molte parole per dare un senso ad immagini
passate, ma non abbastanza da chiarire il quadro generale. Lynch, nella sua
caparbia artisticità, diventa Norma e rincara la dose a quattro episodi dalla
conclusione, introducendo altri elementi di disturbo nel complesso di alcune
sottotrame che tendono a convergere verso un unico punto indicato da tutte le
coordinate mostrate: Twin Peaks, Washington. Non c’è da stupirsi se la
soluzione ad enigmi precedenti possa trovare la sua chiave risolutiva proprio
in funzione di un dettaglio successivo. Così non avremmo mai potuto raggiungere
la verità con le nostre gambe, ma abbiamo creduto di poterlo fare, e tanto è
bastato per spingerci alla ricerca.
Sarebbe inutile e pedissequo soffermarsi su situazioni
dei singoli episodi che hanno avuto uno sviluppo significativo nel corso delle
puntate successive, quindi tenteremo di procedere tirando le fila del discorso
fino al momento corrente.
Dopo averne discusso ampiamente, dopo aver fantasticato
sul senso di un’immagine irreale, veniamo finalmente accontentati con una
spiegazione definitiva sulla rosa blu. “Blue Rose” non si trova in natura, è l’appellativo
della particolare sezione dell’FBI composta da Gordon e Albert che si occupa
appunto di investigare su omicidi legati a fenomeni paranormali di
doppelganger. “Blue Rose” era ciò in cui eravamo invischiati da venticinque
anni senza conoscerne il nome. Eppure nella task force non era presente il
maggiore Briggs, attorno al quale aleggia ancora una densa coltre di mistero. Eppure
proprio il maggiore Briggs, nel mare viola della loggia bianca, pronunciava ad
uno smarrito Cooper le parole “Blue Rose”. Che sia stato un monito
arrivato da un personaggio conscio della vera natura della duplicità del mondo
o solamente una costatazione ulteriore del processo nel quale era ed è tuttora
invischiato l’agente speciale Cooper? Dove si trovano i doppelganger di Phillip
Jeffries e di Chester Desmond? Se ipotizziamo, come è possibile dedurre dal
finale della seconda stagione, che i doppelganger della loggia nera possono
accedere al mondo reale se e solo se la loro controparte umana resta rinchiusa
in una dimensione alternativa come quella della loggia, allora delle copie
degli agenti potrebbero essere a piede libero e contemporaneamente gli
originali potrebbero essere ancora rinchiusi nella loggia nera, da dove Phillip
avrebbe contattato Ray per uccidere Bob nel corpo di Cooper.
A proposito di Ray, attraverso un interrogatorio al
cardiopalma, viene aggiunto un ulteriore elemento alla questione degli anelli
della loggia, che si ricollega direttamente alla scomparsa di Chester Desmond
in FWWM. Ormai sappiamo che gli anelli, infilati al dito spirituale, legano l’anima
dell’individuo alla loggia nera. Ray infatti, come Dougie Jones, nel momento
del trapasso finisce al cospetto di Mike. La mossa di Bob sembra essere un
chiaro smacco al suo rivale senza un braccio, che dallo loggia nera tenta in
ogni modo di contrastare la diffusione del male assoluto nel mondo reale. In questo
gioco di forze continuo non si spiega però né la sparizione di Chester Desmond
nell’istante esatto in cui ha sfiorato l’anello sotto la roulotte in FWWM, né l’utilizzo
talismanico che Laura Palmer faceva dell’anello in suo possesso. La risposta a
tutto ciò potrebbe essere una complicazione situazionale ulteriore: l’anello
potrebbe essere uno strumento neutro che lega generalmente un essere umano alla
loggia, e, in base alla fattura eseguita sull’oggetto mistico, potrebbe
cambiare anche il suo funzionamento, entro certi limiti. Una spiegazione che io
per primo non ritengo sufficientemente soddisfacente, anche alla luce della
precisione di alcuni dettagli lynchiani. Aspettiamo quindi di comprendere
appieno il senso di questo elemento ricorrente.
Dopo mesi passati ad aspettare che un dettaglio aprisse la
via ad un’unificazione delle trame capillari, ecco che Diane, personaggio
meraviglioso, fisicamente introdotto solo nella terza stagione, chiude il
cerchio con Janey-E e con Dougie Jones. Finalmente gli ultimi tasselli trovano
una corrispondenza per confluire fluidamente verso l’epilogo della storia. L’elemento
del doppio torna anche in questo caso, con due donne simili ma diverse che
tendono alla ricerco dello stesso uomo, che ha le fattezze del marito dell’una,
ma nasconde l’anima del presunto amante dell’altra. Intanto Diane continua il suo
doppiogioco con Bob, e suppongo anche che le sue doti di ex-agente dell’FBI,
sopravvissute ai fumi dell’alcolismo, la rendano conscia che anche la squadra “Blue
Rose” sia a conoscenza delle sue azioni.
La spedizione dei quattro agenti di polizia locali sul Blue
Pine Mountine porta all’impensabile: se potevamo prevedere un incontro diretto
tra Hawk - anima del gruppo - e le forze sovrannaturali, è lo sprovveduto Andy
a fare la parte dell’eroe e ad intrattenere una conversazione ideale con quello
che si presenta come “Fireman”, il pompiere, colui che combatte il fuoco della
loggia nera. Consapevole inaspettato della realtà dei fatti e dell’origine del
male assoluto, seppur per un tempo breve, Andy trae in salvo Naido, la donna
con gli occhi cuciti, per poi tornare ad essere il goffo poliziotto di sempre. Chi
è Naido? L’incontro del gruppo - che potremmo ricondurre a quelli che furono i
Bookhouse Boys - ha quindi una funzione ben precisa che è quella del recupero di
Naido, visto che Andy sembra non essere consapevole del suo viaggio
dimensionale e che gli altri membri del gruppo presentano un vuoto di memoria
comune sull’accaduto. Naido è la chiave del piano del maggiore Briggs e quindi
del “Fireman”. La donna, molto simile all’essere che ha generato Bob dopo l’esperimento
nucleare nel ’45, potrebbe essere una delle armi finali nell’arsenale delle
forze della loggia bianca. Un’altra arma, esplicitamente convocata dal “Fireman”
in territorio statunitense è l’anglofono Freddie, collega di lavoro e amico di
James, che, proprio seguendo le indicazioni del custode del bene, è entrato in
possesso di una forza sovraumana grazie ad un guanto da giardinaggio. Al di là
dell’ironia del racconto, l’evento ricorda da vicino la storia di Nadine all’epoca
della perdita di memoria, durante la seconda stagione. Che si sia trattato
anche in quel caso di un intervento di forze superiori nella vita quotidiana
della cittadino di Twin Peaks?
Finalmente, dopo dodici lunghi episodi - e un’attesa
durata venticinque anni-, torna a mostrarsi il personaggio di Audrey, e lo fa
spiazzando lo spettatore. Non è la ricca ereditiera snob che potevamo
attenderci, non sembra essere la donna di potere dietro il progetto della
scatola di vetro a New York. Si tratta invece di una frastornata e confusa
donna di mezz’età, incastrata in un matrimonio decisamente infelice con quello
che non sembra essere l’uomo dei suoi sogni. La sua sottotrama, introdotta a
sorpresa quando altre andavano chiudendosi, lascia interdetti sulle prime,
apparendo completamente slegata dal contesto globale, quasi fosse fuori dal
tempo, fuori da Twin Peaks. Ma sul calare della conversazione con il marito
sull’amante Bill, Audrey afferma di non essere in grado di andare a controllare
al Bang Bang Bar la presenza di Bill. Qualcosa, una forza oppressiva più forte
della sua volontà le impedisce di agire. Negli ultimi istanti del
quattordicesimo episodio, la figlia di Tina, l’ultima che avrebbe visto Bill,
racconta ad una sua amica una scena inquietante che ricorda direttamente il
finale della seconda stagione “Oltre la vita e la morte”. Bill potrebbe essere
quindi l’uomo dal volto sfigurato, ancora grondante sangue, che siede nella
cella accanto a quella di Naido e che ripete ogni suo verso. Questo puzzle
manca di troppi elementi per poter essere ammirato, ma Bill, come lo è stato
Coop alla fine della serie originale, potrebbe essere posseduto da un’entità
della loggia. Si troverebbe quindi ad una grata di distanza due personaggi
fondamentali per il prosieguo della trama. Ma resta l’interrogativo sulla
situazione di Audrey, indubbiamente sinistra.
Il momento più alto di questi tre episodi è però
certamente il racconto del sogno di Gordon in cui è presente una Monica
Bellucci in grado di indicare la verità. In un meraviglioso bianco e nero, attraverso un crescendo di inquietudine, Lynch ci mostra il senso di un’opera visto da ancor più distante, in un’accezione
teologica. Chi è il sognatore? Monica Bellucci ricorda anche a Gordon l’episodio
della riapparizione di Phillip Jeffries (David Bowie - alla cui memoria è
dedicato l’intero episodio) e la sua accusa a Cooper, precedentemente visto in
FWWM. La definitiva conferma della teoria del doppelganger dietro il caso Dale
Cooper per gli agenti della “Blue Rose”.
Chiudiamo quindi con il personaggio più raccapricciante
del trittico di episodi, ovvero Sarah Palmer. La madre di Laura, presente sullo
schermo con una frequenza sempre maggiore, sembra vivere un conflitto interiore
incredibilmente profondo che sfocia nella scena dell’assassinio dell’uomo nel
bar. Come Laura, anche Sarah è ormai solamente l’involucro di qualcosa di infinitamente
più grande di lei, ma se per Laura potrebbe trattarsi del sommo bene, ciò che
si nasconde dietro il volto di Sarah è l’oscurità assoluta. Questo elemento
tende a confermarci che la ragazzina dell’ottavo episodio, quella nella cui
bocca si faceva largo la rana alata nata dagli esperimenti nucleari, sia
effettivamente Sarah. Non è chiaro quanto la donna sia ancora presente a se
stessa e quanto sia consapevole eventualmente della sua situazione. In alcuni
momenti sembra la madre disperata delle prime due stagioni, mentre in altri
appare in accordo con l’essere che dimora dentro di lei. Ma questo essere è in
grado di uscire allo scoperto? Dalla visita di Hawk a casa Palmer dopo l’incidente
del supermercato si direbbe di sì, e anzi quella stessa sequenza proverebbe
anche la connivenza tra la donna e il male che alberga in lei. Un’ulteriore
freccia nella faretra della loggia nera e una conferma sulla predestinazione
del storia, fin dai suoi primi capitoli.
Questo triplo episodio è caratterizzato da riferimenti
ricorrenti al doppio, che è anche la prima immagine che venne proposta da Lynch:
Twin Peaks. Tutto ruota attorno alla questione delle due logge e dei
doppelganger, che spesso viene ridimensionata ad uno scontro ideale tra forze
del bene e del male, ma che nasconde sfumature filosofiche ben più profonde. Tutto
aveva un senso definito fin dal principio, legato ad un filo rosso di
predestinazione che per decenni abbiamo seguito senza esserne consapevoli. Questa
terza stagione non è un sequel, è un risveglio spirituale, e l’elemento meta
televisivo del doppio nel nome e nella locandina è la conferma definitiva di
una vita spesa per la sua arte.
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