Puntata bipolare nel suo sviluppo: ad una prima parte
caratterizzata da un pathos senza eguali e da un occhio alla tradizione non
indifferente, segue una seconda povera di contenuti ma ricca di ironia. Si sente
una nota di tradizione, la quiete delle relazioni nella Twin Peaks a noi cara,
ma persiste una punta di fastidio, rappresentata in parte dalle mancanze che
ancora ci impediscono di avere un’immagine completa del tutto, in parte dallo
stile narrativo di Lynch.
La prima location approfondita dall’autore è proprio la legnosa
di Twin Peaks; il triangolo Becky-Shelly-Bobby potrebbe sembrare staccato dalla
narrazione principale, ma ha il necessario compito di riportare alla luce
quelle atmosfere familiari, molto anni ’90, a cui contribuivano le storyline
secondarie delle prime due stagioni. Abbiamo finalmente la conferma sulla
paternità di Bobby, il quale resta uno dei personaggi che meglio hanno vissuto il
salto temporale - probabilmente proprio in virtù del legame con il padre. La riunione
familiare conduce inoltre ad una scena costruita su un crescendo di suoni
innervosenti e fastidiose luci, atti a generare nello spettatore il giusto
stato d’animo per il dialogo tra Bobby e la signora corpulenta nella macchina
grigia. L’argomento della conversazione è fin dal principio criptico e la forte
scena della bambina in trance non offre una chiave di lettura adatta. Un ulteriore
enigma da decifrare in attesa di una svolta definitiva che dia le giuste
risposte ai nostri quesiti. Le parole della donna che potrebbero celare il
cuore del mistero sono: “Her uncle is joining us”; ma troppi dati mancano all’appello
per la risoluzione del problema.
Otteniamo quindi nuove informazioni sulla preparazione di
Hawk e del nuovo sceriffo Truman alla spedizione che li condurrà nel posto indicato
dal maggiore Briggs. Fin da subito spicca un particolare incongruente con
quanto mostrato nell’ormai arcinoto ottavo episodio. In tale capitolo infatti
abbiamo pensato di vedere l’origine della loggia nera e la dispersione della
sua malvagità nel mondo, contrastata simultaneamente dalla creazione della
sfera dorata di Laura Palamer. La mappa dei nativi americani - altro riferimento
all’indicazione che il ceppo aveva fornito nel primo episodio - che Hawk mostra
a Truman nasconde dei particolare che si riferiscono alle modalità attraverso
cui possono manifestarsi gli spiriti della loggia, ossia il fuoco e l’elettricità.
Hawk inoltre afferma che la mappa risalga ad un periodo lontano nel tempo. Considerando
il ruolo particolare che la corrente elettrica svolge per le entità della
loggia nera, non possiamo più essere certi che gli esperimenti atomici del 1945
abbiano generato la loggia nera nella sua interezza, ma più presumibilmente,
essi hanno dato vita all’entità di Bob, o a quella che poi ha espulso Bob con
la garmonbozia.
Hawk equipara poi il fuoco raffigurato sulla mappa con l’elettricità
moderna, avvalorando la tesi secondo cui il fuoco, così come la corrente, possa
rappresentare un elemento fondamentale sia per gli spiriti della loggia nera
che per quelli della loggia bianca, in quanto “Dipende, dipende dalle
intenzioni”. Eppure, se il ceppo di Margaret ha paura del fuoco, è certo che le
intenzioni della loggia nera nei confronti di potenziali intrusi possano
rivelarsi avverse.
Sorvolando sulla seconda metà dell’episodio, che narra
ironicamente delle disavventure di Coop, ancora incastrato nei panni di Dougie
Jones, passiamo quindi al vero cuore pulsante della puntata: il buco nera di
William Hastings. Gordon, Albert, Tammy, Diane e l’agente della polizia locale
riescono a ricostruire l’ubicazione del luogo dell’incontro metafisico tra il
preside Hastings e il maggiore Briggs, si imbattono in un portale per un’altra
dimensione, avvicinandosi alla soluzione del caso, ma questo movimento in
avanti implica la morte dello stesso Hastings, che subisce la medesima fine di Ruth Davenport. Possiamo riposizionare alcuni tasselli dell’interrogatorio
di William Hastings: sappiamo che i due amanti sono riusciti a risalire a
questo luogo di periferia attraverso i loro studi sul paranormale e che proprio
in quel luogo, in corrispondenza con il portale, sono entrati in contatto con
il maggiore, in quel momento visualizzato ancora a figura intera. Dalle indagini
dell’FBI sappiamo invece che la zona morta dietro il portale è abitata
prevalentemente da uomini barbuti dalla faccia sporca, quelli che abbiamo
identificato come il corpo armato della loggia nera. Briggs quindi, fermo
biologicamente all’età della scomparsa, ha invitato Ruth e Bill a trovare per lui
le coordinate della loggia bianca e solo a quel punto ha potuto lasciare le sue
fattezze umane per spostarsi come spirito-testa verso il mare viola visto nel
terzo episodio. Suppongo che in quel momento il corpo di Briggs, ancora
quarantenne, sia precipitato attraverso il portale sulla terra. A quel punto, senza più
la presenza del maggiore a fungere da tappo tra il luogo reale collegato al
portale e la dimensione alternativa, gli uomini con il volto nero si sono
riversati nella realtà e hanno brutalmente ucciso Ruth Davenport. Restano aperte
diverse questioni: perché non hanno ucciso anche William, visto poi l’esito del
sopralluogo dell’FBI? Chi ha raccolto il corpo di Briggs e la testa di Ruth per
poi riposizionarli nell’appartamento della donna? Chi ha inserito nello stomaco di Briggs la fede nuziale di Dougie e perché? Alcune risposte sulle
modalità non riducono la portata delle domande di fondo. In tutto ciò Diane
continua a dimostrare un atteggiamento controverso, che denota la sua
propensione a collaborare con Bob, come si evince dalla sua reazione alle
coordinate sul braccio di Ruth Davenport.
Rispetto ai primi due episodi, le singole narrazioni, con
qualche dovuta e concessa eccezione, cominciano a convergere verso un unico
epilogo che coinvolge allo stesso tempo Twin Peaks, l’FBI, Bob e Cooper. Il gusto
della scoperta continua ad alimentarsi con nuovi misteri minori che cancellano
del tutto l’immeritata chiusura della seconda stagione, quando il mistero
principale crollò. Ogni sequenza, anche la meno comprensibile, ha in sé il seme
della genialità di qualcosa che va oltre le nostre possibilità. In un panorama
saturo e attendibile è raro meravigliarsi ancora.
Nessun commento:
Posta un commento