venerdì 9 settembre 2016

DIALOGO SUL VIAGGIO DEL TEMPO CHE RESTA

- Ti ricordi di quel viaggio che volevamo fare?
- Quale, quello a Berlino?
- No, quello prima. Quello a piedi.
- Il viaggio a Capo Sud, il viaggio a Reggio Calabria. Perché poi non l’abbiamo fatto?
- Perché ci siamo dentro fino al collo e non riusciamo a scappare da questa vita. Volevamo evadere, ma le catene erano troppo spesse.
- Avevamo anche avvicinato la meta, ricordi?
- Sì, poi volevamo andare a Livorno. Bagnare i piedi nell’acqua e tornare indietro. Pensavamo che quell’acqua ci avrebbe purificati, ma sai cosa? Ci sono stato a Livorno qualche anno dopo, e non è che fosse questo gran ché l’acqua.
- Forse all’epoca non l’avremmo trovata così. Ma quanto tempo è passato?
- Non ricordo bene, ho perso il conto. Ma sembra ancora ieri che ci sentivamo per organizzare. Gli zaini, i ricambi, il doppio fondo nel quale avrei nascosto qualche banconota, perché diciamoci la verità: alla fine non saremmo partiti del tutto sprovvisti.
- Anch’io avevo pensato di nascondere qualcosa in fondo allo zaino, ma non volevo dirti nulla. Avevo anche trovato la posizione perfetta per tenere un telefono, uno di quelli antichi. Ricordi i vecchi Nokia coi tasti? Uno di quelli lo avevo già chiesto a mio zio.
- Forse non eravamo davvero pronti per lasciare tutto e andare. Forse eravamo già incastrati nelle nostre vite allora, come lo siamo stati dopo. Forse è per questo che non l’abbiamo fatto.
- Già, io ci ho pensato anche le estati seguenti, partire sempre con te, magari cambiando ancora itinerario, ma sulla falsa riga del viaggio iniziale. Quello che avevamo immaginato insieme. Ma niente. Non ti ho neanche più scritto.
- Anche io ci ho pensato molto, ma ogni volta che ci pensavo mi prendeva una sorta di malinconia, una nostalgia di casa. Anche allontanarsi con l’immaginazione comporta uno sforzo. E dopo lo sforzo cominciava la paura incontrollabile di trovarsi in un’altra situazione. Forse è per paura che non l’abbiamo fatto.
- Per me non è stata la paura. Io avevo voglia di partire, ma qualcosa mi ha sempre bloccato. Volevamo diventare ciò che non eravamo, ma si può davvero lasciare tutto e andare?
- Non saprei. Non sono mai partito davvero. Ho sempre tenuto casa nel cuore e ho sempre atteso di rivarcare la porta verde, quella difettosa che non si chiudeva. Di mangiare ancora nel mio posto, da cui si vedeva bene la tv. Saremmo dovuti andare e lasciarci tutto alle spalle, invece siamo rimasti ad unirci alle pareti ed siamo diventati parte del paesaggio immobile. Ma quanto tempo è passato?
- Più ricordiamo e più mi sembra vicino, ma sento che queste memorie sono in un posto lontano.
- Alla fine quelle paure non le ho superate, me le sono portate dietro per tutta la vita, come un peso sullo stomaco e la gola che continua a comprimere la vita che scorre. La vita che esce a stento.  Pensavo che quel viaggio ci avrebbe liberato anche da noi stessi. Io dai miei fantasmi e tu dalle tue preoccupazioni. Chissà se qualcosa sarebbe cambiata nelle nostre vite. Ha presente Sliding Doors. Magari sarebbe stato tutto diverso con quel coraggio in più.
- Magari è una questione di amor proprio, che non abbiamo mai avuto veramente. Ma non credo che alla fine quel viaggio ci avrebbe cambiati così tanto. Io ho provato a cambiare me stesso anche dopo, ma diventare qualcun altro è difficile. Le persone non cambiano poi molto.
- Credi che tutto quello che è venuto dopo sarebbe successo alla stessa maniera? Gli studi, la laurea, le scorribande con gli amici, l’amore, i figli, la malattia.
- Dai troppo peso a quel viaggio. Non è una lunga passeggiata a cambiare il passo della vita.
- Invece ho sempre sentito di aver perso l’occasione di trovare me stesso a Capo Sud, o a Livorno. Comunque alla fine della strada. Credevo davvero che sarei riuscito a cambiare la mia casa andando lontano. Ma forse hai ragione, forse sarebbe cambiato poco. Era una vacanza in fin dei conti.
- Credo di sì.



- E se invece avessimo perso l’occasione di deragliare? Pensaci: se tutti noi fossimo in qualche modo condizionati dalla nascita nelle nostre azioni, nei pensieri, nei modi di essere, e quel viaggio fosse stato la chiave per uscire da questa circolo viziato? Per rompere la predestinazione?
- Adesso cominci con la predestinazione e il filo che deve passare nelle crune?
- Non sto dicendo questo, parlavo di una predestinazione dalla nascita. Un condizionamento assoluto che si conferma di continuo. Più che un filo una corda da marinaio.
Pensa al tuo matrimonio, a quel ruolo che avresti voluto assumere nel laboratorio, alla malattia di tuo figlio. Pensa a tutto ciò che non è andato per il verso giusto.
- Non esiste un verso giusto ed uno sbagliato, le cose accadono. Il divorzio, la disoccupazione, la morte. Fa tutto parte del gioco, e non vale la pena penarsi per ciò che non è stato.
-  “Passiamo troppo velocemente dall’età in cui si dice ‘un giorno farò così’ all’età in cui si dice ‘è andata così’”.
- Questo me lo ricordo.
- Quanto tempo è passato?
- Ora lo sento tutto.
- Le cose hanno preso una piega e si è fatta subito sera. Senza che ci accorgessimo della destinazione. Senza che ci godessimo il viaggio.
- Non lo so cosa ci è mancato in questa vita, ma forse saremmo dovuti andare.
- Ci è mancato qualcosa.
- Ora ci manca il tempo.
- A te quanto resta?
- Forse un giorno. A te?
- Credo di essere morto ieri. Ormai è tardi per partire.

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