- Ti ricordi di quel viaggio che volevamo fare?
- Quale, quello a Berlino?
- No, quello prima. Quello a piedi.
- Il viaggio a Capo Sud, il viaggio a Reggio Calabria. Perché
poi non l’abbiamo fatto?
- Perché ci siamo dentro fino al collo e non riusciamo a
scappare da questa vita. Volevamo evadere, ma le catene erano troppo spesse.
- Avevamo anche avvicinato la meta, ricordi?
- Sì, poi volevamo andare a Livorno. Bagnare i piedi nell’acqua
e tornare indietro. Pensavamo che quell’acqua ci avrebbe purificati, ma sai
cosa? Ci sono stato a Livorno qualche anno dopo, e non è che fosse questo gran
ché l’acqua.
- Forse all’epoca non l’avremmo trovata così. Ma quanto
tempo è passato?
- Non ricordo bene, ho perso il conto. Ma sembra ancora
ieri che ci sentivamo per organizzare. Gli zaini, i ricambi, il doppio fondo
nel quale avrei nascosto qualche banconota, perché diciamoci la verità: alla
fine non saremmo partiti del tutto sprovvisti.
- Anch’io avevo pensato di nascondere qualcosa in fondo
allo zaino, ma non volevo dirti nulla. Avevo anche trovato la posizione
perfetta per tenere un telefono, uno di quelli antichi. Ricordi i vecchi Nokia coi
tasti? Uno di quelli lo avevo già chiesto a mio zio.
- Forse non eravamo davvero pronti per lasciare tutto e
andare. Forse eravamo già incastrati nelle nostre vite allora, come lo siamo
stati dopo. Forse è per questo che non l’abbiamo fatto.
- Già, io ci ho pensato anche le estati seguenti, partire
sempre con te, magari cambiando ancora itinerario, ma sulla falsa riga del
viaggio iniziale. Quello che avevamo immaginato insieme. Ma niente. Non ti ho
neanche più scritto.
- Anche io ci ho pensato molto, ma ogni volta che ci
pensavo mi prendeva una sorta di malinconia, una nostalgia di casa. Anche allontanarsi
con l’immaginazione comporta uno sforzo. E dopo lo sforzo cominciava la paura
incontrollabile di trovarsi in un’altra situazione. Forse è per paura che non l’abbiamo
fatto.
- Per me non è stata la paura. Io avevo voglia di
partire, ma qualcosa mi ha sempre bloccato. Volevamo diventare ciò che non
eravamo, ma si può davvero lasciare tutto e andare?
- Non saprei. Non sono mai partito davvero. Ho sempre
tenuto casa nel cuore e ho sempre atteso di rivarcare la porta verde, quella
difettosa che non si chiudeva. Di mangiare ancora nel mio posto, da cui si vedeva
bene la tv. Saremmo dovuti andare e lasciarci tutto alle spalle, invece siamo
rimasti ad unirci alle pareti ed siamo diventati parte del paesaggio immobile. Ma
quanto tempo è passato?
- Più ricordiamo e più mi sembra vicino, ma sento che
queste memorie sono in un posto lontano.
- Alla fine quelle paure non le ho superate, me le sono
portate dietro per tutta la vita, come un peso sullo stomaco e la gola che
continua a comprimere la vita che scorre. La vita che esce a stento. Pensavo che quel viaggio ci avrebbe liberato
anche da noi stessi. Io dai miei fantasmi e tu dalle tue preoccupazioni. Chissà
se qualcosa sarebbe cambiata nelle nostre vite. Ha presente Sliding Doors. Magari
sarebbe stato tutto diverso con quel coraggio in più.
- Magari è una questione di amor proprio, che non abbiamo
mai avuto veramente. Ma non credo che alla fine quel viaggio ci avrebbe
cambiati così tanto. Io ho provato a cambiare me stesso anche dopo, ma
diventare qualcun altro è difficile. Le persone non cambiano poi molto.
- Credi che tutto quello che è venuto dopo sarebbe
successo alla stessa maniera? Gli studi, la laurea, le scorribande con gli
amici, l’amore, i figli, la malattia.
- Dai troppo peso a quel viaggio. Non è una lunga
passeggiata a cambiare il passo della vita.
- Invece ho sempre sentito di aver perso l’occasione di
trovare me stesso a Capo Sud, o a Livorno. Comunque alla fine della strada. Credevo
davvero che sarei riuscito a cambiare la mia casa andando lontano. Ma forse hai
ragione, forse sarebbe cambiato poco. Era una vacanza in fin dei conti.
- Credo di sì.
- E se invece avessimo perso l’occasione di deragliare? Pensaci:
se tutti noi fossimo in qualche modo condizionati dalla nascita nelle nostre
azioni, nei pensieri, nei modi di essere, e quel viaggio fosse stato la chiave
per uscire da questa circolo viziato? Per rompere la predestinazione?
- Adesso cominci con la predestinazione e il filo che
deve passare nelle crune?
- Non sto dicendo questo, parlavo di una predestinazione
dalla nascita. Un condizionamento assoluto che si conferma di continuo. Più che
un filo una corda da marinaio.
Pensa al tuo matrimonio, a quel ruolo che avresti voluto
assumere nel laboratorio, alla malattia di tuo figlio. Pensa a tutto ciò che
non è andato per il verso giusto.
- Non esiste un verso giusto ed uno sbagliato, le cose
accadono. Il divorzio, la disoccupazione, la morte. Fa tutto parte del gioco, e
non vale la pena penarsi per ciò che non è stato.
- “Passiamo troppo
velocemente dall’età in cui si dice ‘un giorno farò così’ all’età in cui si
dice ‘è andata così’”.
- Questo me lo ricordo.
- Quanto tempo è passato?
- Ora lo sento tutto.
- Le cose hanno preso una piega e si è fatta subito sera.
Senza che ci accorgessimo della destinazione. Senza che ci godessimo il
viaggio.
- Non lo so cosa ci è mancato in questa vita, ma forse saremmo
dovuti andare.
- Ci è mancato qualcosa.
- Ora ci manca il tempo.
- A te quanto resta?
- Forse un giorno. A te?
- Credo di essere morto ieri. Ormai è tardi per partire.
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