sabato 20 febbraio 2016

FIVE BY FIVE #10

Lo so, vi aspettate che abbia da dire qualcosa su Sanremo ma ahimè rimarrete delusi perché Sanremo non l’ho proprio guardato. A dire il vero ho acceso la tv la sera della finale, c’erano Elio e le Storie Tese vestiti da Kiss. Ho guardato l’esibizione e ho spento, fiducioso che sarebbe stato impossibile durante la serata superare così alte vette di epicità. Al di là di quel piccolo capolavoro però non ho visto altro, non ho ancora nemmeno sentito le canzoni in gara, e non perché “Sanremo fa schifo, fanno musica di m***a, ecc. ecc.” (che poi chi è che guarda Sanremo per le canzoni?) ma perché sono in sessione d’esami e ho tante cose a cui pensare, ad esempio scrivere qualcosa per questa rubrica. Non vi parlo nemmeno dei Grammy, e stavolta per un motivo molto più serio: i Grammy fanno schifo. E fanno schifo perché vogliono farlo, è una scelta ben precisa: fare qualcosa che piaccia a quella fetta di pubblico che segue e dà importanza ai Grammy. Autoerotismo insomma. Per i cinque pezzi di oggi ho preso spunto da questi due eventi che, per caso o per scelta, non ho seguito, e vi propongo qualche artista italiano e qualche artista che meriterebbe di essere valorizzato ma non lo sarà. Ah e c’è anche un grande ritorno. Buon ascolto!  


Chi è Edo Brenneke? Non lo so bene nemmeno io, è difficile trovare informazioni perfino sull’onnipotente internet. Questo per darvi l’idea di quanto poco sia considerata, al di fuori di certi ambienti, la scena emergente italiana. Il che è un vero peccato perché questo Brenneke è in gamba e i suoi (pochi) lavori, un solo EP eponimo fino ad ora, sono decisamente interessanti. Quest’anno dovrebbe uscire il suo album d’esordio vero e proprio, Vademecum Del Perfetto Me, quindi vi consiglio di tenere le vostre orecchie ben ritte e ascoltare il singolo Le Cose Lucenti.



Lui forse – ma solo forse – è leggermente più noto, o quantomeno il fatto che sia poco conosciuto al grande pubblico è giustificabile con il suo essere molto di nicchia, come si suol dire. Lo stile di questo cantautore partenopeo è difficile da inserire all’intero di qualche genere o stile in particolare, non è etichettabile, e ciò va tutto a suo favore. Non essendo in grado di spiegarvi a parole com’è la sua musica non mi resta di farvela sentire. Superman è uno dei singoli del suo ultimo album, Giovanni Truppi. La fantasia manca nei nomi ma non nelle note, e ancor meno nei video come vedrete. Ah, se siete piccini non guardatelo il video, che poi mi sgridano.



Per quanto riguarda invece quegli artisti che avrebbero meritato più considerazione ma, ahimé, non l’hanno avuta, ho scelto due album usciti nell’anno appena trascorso. Il primo è Painted Shut del gruppo indie-folk Hop Along. Gli Hop Along in realtà avevano già pubblicato un album qualche anno fa, Get Disowned, anche questo notevolissimo e totalmente ignorato da critica e pubblico. Con questo nuovo lavoro hanno confermato le loro potenzialità, nonostante la scarsa considerazione che hanno ottenuto. Era da un po’ che ne volevo parlare quindi eccolo qui, ascoltatevelo per piacere.


Il secondo è Love Songs For Robots, di Patrick Watson. Anche questo uscito nel 2015, forse leggermente più considerato, ma presto e ingiustamente caduto nell’oblio. Non è un disco perfetto ma contiene molti spunti e più di qualche pezzo particolarmente riuscito, sarebbe un peccato perdervelo. Non fatelo.


Fianalmente rieccolo. Ho scoperto James Blake relativamente tardi, quando uscì Overgrown, e ci ho messo un po’ ad apprezzarlo, non è musica semplice anche se allo stesso tempo molto immediata. Come spesso accade ciò che a primo acchito mi lascia perplesso finisce col coinvolgermi molto di più di tutto il resto. Lo so, è strano, ma forse non così tanto. In tutti i modi, così è stato con Blake e come potete immaginare stavo attendendo sue nuove da tempo con trepidazione. Che dire, sono stato accontentato: Modern Soul, primo singolo del suo prossimo album sembra proprio confermare le doti di quell’ormai non più ragazzino che ha messo insieme Dubstep e R&B come pochi avrebbero saputo fare.


Marsha Bronson


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