Due anni di assenza dalle scene a seguito di un addio mai
davvero chiarito. La grandezza dei personaggi che hanno fatto la televisione e
l’intrattenimento mondiale emerge nella profondità d’intento del lavoro che li
anima. Netflix ha concesso a David Letterman la possibilità di rientrare
direttamente nella rete d’influenza del grande pubblico con uno show
differente, pacato, chiacchierato e assolutamente orientato verso uno scopo
preciso. Il primo episodio di Non c’è
bisogno di presentazioni ha presentato le dinamiche e i tempi del nuovo
progetto, ma la discussione con Barack Obama si è sviluppata naturalmente a
partire dalla figura politica dell’ex presidente degli Stati Uniti. Un dialogo
trasparente che ha tenuto celato il nome del principale antagonista dei Democratici
per tutta la durata della puntata. Con il secondo episodio - che vede come
ospite il divo George Clooney - abbiamo potuto scorgere di più sui propositi di
Letterman per questa sua nuova avventura. Il taglio dato all’intervista con
Clooney è a metà tra l’intrattenimento e l’informazione, è un faro elegante e
preciso sul momento presente. Letterman non è tornato per far divertire un pubblico
occasionale, ma conosce bene il suo potere mediatico e non ci ha messo molto a
rilanciarsi come guida di un certo pensiero d’apertura mondiale.
Lo show prodotto da Netflix si compone di un’intervista
frontale su un modesto palco di New York e di un reportage che vede lo stesso
Letterman uscire dalla sua comfort zone per penetrare e comprendere le
difficoltà di una nazione socialmente in ginocchio. In principio le domande all’ospite e le
immagini in esterna sembrano viaggiare su due binari differenti, ma, man mano che l’intervista scalfisce la superficie del personaggio pubblico e cerca di
approcciare le anime, le credenze più profonde che muovono gli ospiti, le linee
prima distanti si avvicinano e si avvinghiano per produrre un senso più
profondo dello show. Nella prima puntata Letterman incontra il deputato John
Lewis e percorre con lui proprio il ponte di Selma, Alabama, attraverso il
quale la popolazione afroamericana della città aveva marciato in segno di
protesta nel 1965. Confrontarsi attraverso le parole del presentatore con l’esperienza
del deputato e attivista è commovente, affrontare la violenta realtà sulla
quale si è eretta una società sfavillante e contraddittoria è necessario. Il discorso poi procede attraverso le parole
di Obama e termina con una dichiarazione d’amore di Letterman al primo
presidente afroamericano che suona molto come una drammatica presa di coscienza
sull’attuale classe dirigente americana.
L’episodio incentrato su George Clooney invece si
costruisce a partire dalle origini artistiche del personaggio per sottolineare
la filantropia della famiglia Clooney e mostrare la realtà di Lexington,
Kentucky: quanto la città natale dell’attore sia vicina all’Iraq, quanto quegli
8000 chilometri non riducano minimamente il rumore assordante di un conflitto
mondiale. Letterman ci mostra la morte, la sofferenza, la solitudine e poi
lancia un messaggio di unità e fratellanza dalla comunità repubblicana di
Lexington. Perché il discorso che l’autore vuole portare avanti va oltre le
divisioni di partito e le idee specifiche sulle questioni politiche; si tratta
di un messaggio d’umanità che vive dei fatti, delle immagini e non può essere
ignorato anche dai più conservatori.
Ma perché David Letterman ha deciso di tornare a settant’anni?
Perché proprio attraverso una piattaforma libera come Netflix? Per rispondere a
queste domande dobbiamo rifarci alle dichiarazioni rilasciate da Letterman sui
suoi colleghi intrattenitori durante il periodo di assenza dalle scene. Egli
ha preso di mira soprattutto gli show di Jimmy Fallon e di Jay Leno per il modo
in cui hanno interpretato il loro ruolo durante la campagna elettorale. In particolar
modo Fallon avrebbe concesso al candidato repubblicano di uscire dal suo late
show con un’immagine accattivante e certamente più salda. La presa di posizione
di Letterman rimette in discussione la figura dell’intrattenitore nel sistema
occidentale: se da una parte la stampa ha il compito di raccontare i fatti e di
informare, l’intellettuale del 2000 ha il dovere morale di imporsi e di far
valere per la giusta causa la sua influenza. E la giusta causa, in questo caso,
è il senso di solidarietà di una nazione disumanizzata. E questo compito non può essere comprato con lo share e le pubblicità tra una domanda e l'altra. David Letterman è sceso
dal suo scranno per ricordare a tutti il ruolo dell’intelletto quando questo
coincide con un grande potere mediatico, è tornato per riportare una certa
parte dell’intrattenimento americano sulla retta via. E non è un caso che abbia
scelto Netflix per lanciare il suo messaggio, slegandosi così dai network
classici e dalla televisione del voto di scambio. Un messaggio che in Italia
faticherebbe ad attecchire per mancanza di una classe intellettuale consapevole
del suo ruolo, vicina alla questione sociale. Un ruolo che i giornali non potranno ricoprire a lungo.
Era stato licenziato, ha scelto di viaggiare per due anni
in giro per il mondo e ha sviluppato un pensiero tanto intelligente quanto è
folta la sua barba, ma non potevamo sopperire più alla sua assenza.
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