Da vignettista campanilista e underground, Zerocalcare è
diventato la voce di una generazione disagiata. È in grado di dare parola ad un
sottobosco di storie reali che non sembrano andare da nessuna parte,
colorandole con un significato ironico e amaro.
Dopo Kobane Calling, capolavoro impegnato dell’autore, la
conferma era tutt’altro che scontata. Eppure, partendo da una scomoda
quotidianità, Calcare ha trovato il piglio per aprire un discorso in due volumi
sulla difficoltà di vivere queste macerie post-contemporanee. Macerie Prime si
sviluppa attraverso due fili narrativi, uno tendente al realismo, l’altro più
vicino al postapocalittico di Ken il guerriero. Questi due elementi sono
riuniti da un legame di personaggi e spiriti negativi che regolano i sentimenti
peggiori. I temi trattati tornano dai precedenti lavori: dalla precarietà alla
routine, dal tempo alla memoria fino al cameratismo di Rebibbia, ma stavolta
sono mescolati in una chiave più dura, che sa sdrammatizzare e al contempo
colpire alla bocca dello stomaco.
Le macchiette comiche delle prime opere si sono evolute
verso personaggi con un background che consente loro uno slancio, anche se
minimo, al futuro. Ciò rende l’opera viva nella sua evoluzione verso un finale
difficile e tronco.
Macerie prime è il loop temporale che si genera nel
paradosso della nostra società e che rende impossibili i rapporti duraturi per
una frustrazione interiore che arriva dal tempo che passa senza che questo
presente possa divenire futuro. E torniamo a rifugiarci in un passato
setacciato che ci riporta agli stessi rapporti che ci chiudono nel presente e
definiscono chi siamo. Il circolo infinito dell’odio e della ripetizione dei
sentimenti ripudiati, rifioriti e riappassiti. Possiamo essere sempre solo noi
stessi, all’ombra di un’immagine futura che non raggiungeremo mai.
Zerocalcare ha sviluppato l’incredibile capacità di
rompere gli schemi intellettuali per parlare di noi, nel profondo, con poche,
semplici vignette. Trova sempre la giusta metafora, il paragone alla cultura
pop, la parola più leggera per l’idea più pesante. E questo dono fa delle sue
opere miniere di umanità di cui non si vede il fondo. Macerie prime è l’incipit di un racconto che
sa toccare le corde giuste per mostrare alcuni tesori della miniera e parlare
sulla verità con le nostre parole, le nostre immagini.
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