Due Oscar, un solo premio.
Basterebbe questo per riassumere un’ordinaria cerimonia
di paura, ma andiamo più nello specifico, soffermandoci maggiormente sui premi,
quest’anno eccessivamente politicizzati. Guardiamo quello che resta.
La La Land, trionfatore annunciato per meriti palesi ha
smacchiato il giaguaro, ma non ha raggiunto la maggioranza al senato. Quanto ha
pesato però il giudizio dell’elettorato dell’assente Trump sulla decisione
finale? Guardando la cerimonia su Sky, in studio Castelnuovo e Canova hanno
analizzato i dati per partito e hanno messo in risalto il fatto che l’elettorato
di Trump avrebbe votato proprio per il film di Chazelle nella corsa al premio
più ambito, mentre i democratici sarebbero stati più propensi ad appoggiare
pellicole come “Il diritto di contare” e appunto “Moonlight”. Se a novembre gli
analisti avessero azzeccato le previsioni elettorali, sarebbe cambiato qualcosa
nell’assegnazione del premio?
Resta il giudizio personale: La La Land resta, a mio
parere, una delle opere più complete, ambiziose e pregne di significati presenti
in nelle ultime edizioni degli Oscar. C’è un tono, un vigore di fondo che tende
ad avvicinarla alle grandi produzioni del passato. È il film che mi ha colpito
maggiormente in questa stagione cinematografica e quello di cui la gente ancora
parlerà tra diversi anni.
Resta la gaffe clamorosa, di quelle memorabili, epico. Un
momento di televisione così imbarazzante da trasmettermi un senso di
inadeguatezza che ancora non riesco ad eliminare,mi perseguita. Non riesco a
non provare dispiacere immenso per i tre uomini della produzione della
Lionsgate che hanno tenuto il loro sentito discorso post premiazione per poi
vedersi strappare il premio dalle mani. In particolare mi rammarico per il
secondo, membro più anziano del trio di oratori.
Nasci con il sogno
di sollevare un premio Oscar un giorno
Spendi quarant’anni
ad inseguire incessantemente il tuo sogno
Vinci finalmente
un Oscar
Non lo vinci
davvero.
Il fatto che il film vittima di questo qui pro quo sia proprio
dedicato ai sognatori un po’ mi lascia interdetto. Le congiunzioni ancestrali.
Resta Moonlight, buon film di Barry Jenkins, che porta a
casa un tris di statuette decisamente pesanti e può vantarsi anche dello
scherno finale al più quotato La La Land. Evidentemente, nell’anno della
xenofobia dilagante, la combo omosessualità-razzismo si è rivelata essere
quella vincente. Ancora una volta la questione cinematografica ha rappresentato
solo una delle variabili nelle scelte dell’Academy.
Per quanto riguarda gli altri premi poche sorprese,
almeno rispetto alle mie precisissime previsioni. Mel porta a casa un paio di
statuette tecniche per un film dal grande impatto visivo, e gli occhi di Emma
Stone riescono ad addolcire anche la giuria nella corsa a due con l’amata
Jackie. Il piccolo Affleck è in realtà un grande Affleck, nonostante la barba,
e John Legend surclassa il buon vecchio Sting.
Avrei voluto gioire della vittoria italiana del duo Bertolazzi-Gregorini
per il miglior trucco, ma hanno dato risalto a Suicide Squad nella notte delle
stelle, e questo non va bene.
In ogni caso, dopo il divertimento, i momenti imbarazzanti e le speculazioni sui premi più ambiti, resta nella mia memoria viva l'immagine di Michael J. Fox, provato, ma ancora presente su quel palco insieme ad un esilarante Seth Rogen. Michael non deve essere mai messo da parte.
Comunque vorrei far notare il mio 16/22 nelle previsioni.
E con questo dichiaro chiusa la polemica tra me e il sottoscritto.
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