In quest’articolo parleremo non a sproposito del
referendum, ma non proprio del referendum. Piuttosto di tutto quello che negli
ultimi mesi ha ruotato attorno a questo centro di gravità passeggero. Quindi non
aspettatevi analisi dettagliate del testo della costituzione, prese di
posizione nette e tentativi di convincimento da una parte e dell’altra. Parleremo
di Renzi, di Benigni, di Salvini, del diritto al voto, di Trump e della
democrazia. Quei discorsi che sembra dicano tutto e poi non lasciano nulla,
insomma. Magari tentando un piccolo pronostico personale alla fine del
discorso.
Esempio di campagna referendaria pertinente |
Partiamo dallo spatentato Benigni; autore, cantante,
artista, diavolo un po’ redento, un po’ decaduto, un po’ il contrario di
Troisi. Troisi era schivo, evitava la ribalta e spremeva - poco - il suo genio
nei suoi alloggi. Si svegliava sempre all’una, ironizzava sull’Italia della
Prima Repubblica che prendeva una direzione decadente e ammirava Pasolini per
la sua capacità di imporsi trasversalmente nell’eterna lotta della
comunicazione dei propri pensieri. Benigni invece ha espresso i suoi pensieri,
generando critiche da destra e da sinistra e dal centro. È giusto rendere
pubblica la propria posizione politica quando si ricopre un ruolo mediatico del
genere? “Tendenzialmente” sì, quando però si riesce a far valere la propria
posizione di superiorità intellettuale anche nella conformazione del pensiero,
quindi come Pasolini, non come Benigni. Il coming out dell’enorme Toscano è
arrivato a pochi giorni da un’altra presa di posizione pubblica, quella di
Robert De Niro, che, ancora in piena campagna elettorale per la Casa Bianca, ha
espresso il proprio dissenso verso Trump con parole durissime. Perché dunque
abbiamo riso e condiviso a raffica il video di De Niro per poi bistrattare il
poverello nostrano? Ci ho riflettuto abbastanza e sono arrivato alla
conclusione che amiamo lo scontro mediatico, amiamo e parole pesanti tra persone
che perdono la faccia per metterla a servizio di un’opinione scomoda e
detestiamo aspramente ogni sorta di collaborazionismo tra il mondo
intellettuale e il potere. De Niro si è pronunciato “contro” e questo è stato
il vero motivo per il quale il mondo ha sposato la sua causa. Tutto il mondo
tranne i diretti interessati al voto presidenziale, che non hanno evidentemente
apprezzato il video dell’attore, alla luce della vittoria del biondo
imprenditore. Quindi tutto questo per dire che probabilmente l’azione di
Benigni potrebbe portare comunque un beneficio alla proposta referendaria,
considerando che l’importante è che se ne parli.
Poi Renzi, Salvini, Grillo, JP Morgan e il governo
tecnico. Domani andremo a votare per il referendum costituzionale, ma l’intera
campagna referendaria si è giocata con lo spettro delle future elezioni sullo
sfondo. Elezioni che probabilmente non vedremo a breve, ma che tutta l’opposizione
italiana si auspica da tempo per mandare a casa quel tizio coi dentoni. Quindi
Renzi a casa, sì o no? No, perché sostanzialmente abbiamo smarrito il senso del
referendum. Da buona repubblica parlamentare, noi cittadini siamo chiamati ad
eleggere direttamente camerati e senatori che si occuperanno di legiferare con
il nostro tacito assenso dato dal voto. Questi onorevoli sono guidati da leader
politici che tentano, talvolta invano, di dare una parvenza sistematica al loro
partito, di far credere alla popolazione che migliaia di attivisti e politici
possano pensarla alla stessa maniera sui temi più scottanti della vita in
comunità. In questo modo, noi comuni cittadini ci affidiamo alle promesse
elettorali, ai comizi e agli slogan di queste formazioni per decidere un voto
in linea con i nostri principi. E questo è basilarmente il funzionamento delle
elezioni ordinarie, ma il referendum è altra cosa. In questo caso siamo
chiamati ad esprimere direttamente un parere nostro su di una questione ben
precisa; e anche quando ci viene raramente data la possibilità di esprimere il
nostro pensiero in merito ad una proposta, ci affidiamo alla guida degli stessi
gruppi politici di prima. La democrazia diretta che diventa un’altra democrazia
rappresentativa. L’iter del voto referendario è altra cosa, possiamo cercare di
capire meglio le ragioni del sì e del no, possiamo seguire i dibattiti in tivù,
ma tutto deve necessariamente passare dalla lettura diretta della fonte, della riforma.
Soltanto a quel punto, una volta maturato un pensiero personale sulla faccenda,
possiamo pensare di essere consapevoli e pronti ad una decisione del genere. Ma
capisco che la stragrande maggioranza della popolazione italica non sia nella
posizione di informarsi fino a questo punto e la stessa informazione, se non
supportata da conoscenze pregresse di diritto e costituzione italiana, potrebbe
non riuscire a produrre una soluzione definitiva. A questo punto, e solo a
questo punto, nasce la ricerca di una parte referendaria che mi accolga nelle
mie perplessità e che mi guidi al voto in maniera semiconsapevole. E non ha caso
ho detto “parte referendaria” e non “partiti”, perché i partiti non esistono a
questo punto, esistono solo le parti, fomentate da individui talvolta un po’
beceri, questo sì. Credo che Salvini sia arrivato a scrivere sulla sua pagina
Facebook qualcosa come: “Il prezzo della mia carta igienica di fiducia è
aumentato di 5 centesimi. Anche per questo #iovotono #renziacasa”. Quindi vi lascio immaginare
la pertinenza referendaria delle discussioni negli ultimi tempi. Se poi vi
trovate nella scomoda situazione di avere il cuore diviso, cioè di pensare che
il testo del referendum sia accettabile, ma di credere anche che la scelta
partitica sia la cosa migliore da fare o viceversa, fermatevi a riflettere: se
il vostro leader politico di rifermento fosse schierato dall’altra parte,
cambierebbe il vostro voto? In caso di risposta positiva vi inviterei a
ripensare la vostra posizione, e anche la vostra libertà intellettuale. Oppure
potreste anche non votare.
Il non voto non è sempre la scelta sbagliata. Siamo in
democrazia, la nostra struttura statale è fondata sulla partecipazione della
collettività alla cosa pubblica, votare è davvero importante, MA quanto vale un
voto per simpatia? MA quanto vale il voto di una persona che non compreso o addirittura
non ha letto il testo della riforma? MA che senso ha la partecipazione del voto
quando il voto non ho partecipato ma dovuto? Siamo chiamati a modificare una
parte sostanziosa della costituzione senza avere i fondamenti pregressi per
comprendere appieno il peso della nostra scelta, non essendo in larga parte
costituzionalisti col brevetto. Quindi, se questa responsabilità vi sembra
eccessiva, se non vi sentite in grado di prendere una decisione che si
preannuncia così importante non andate a votare, semplicemente. Anche fare un passo indietro è parte della vita democratica.
La musica italiana in una foto |
Che poi io votai Lorenzo Fragola in finale ad X Factor 8.
Davvero vi affidereste al mio giudizio sulla riforma?
Gli ultimi sondaggi ufficiali davano il No in vantaggio
per 57 a 43 punti percentuali. A questo punto resto combattuto, si direbbe una
probabile vittoria del fronte disunito del No, ma le presidenziali americane
insegnano. E, per rimanere nell'ottica popolare, Renzi è un po’ come Trump, che è molto come Berlusconi: la gente
ha il coraggio di votarlo solo nella segretezza dell’anonimato del voto. Se
vincesse il Sì saremmo più vicini alla fine del mondo. se vincesse il No
saremmo più vicini alla fine del mondo. Alla fine la fine del mondo rimane dov’è,
siamo noi che le corriamo incontro in ogni caso. Gli attuali partiti dureranno
meno della riforma, pensate bene al vostro voto, anche la Democrazia Cristiana
è finita.
Tutto finisce, qualcosa rimane solo un po' più a lungo |
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