Serie Principale

sabato 27 gennaio 2018

GHESS HUS BECK

Stavate parlando di me? So di esservi mancato, ma l’ultimo mese è stato particolarmente impegnativo: prima Natale in Islanda con Massimo Boldi e Christian De Sica, poi il capodanno coi parenti e - per finire - “l’esame più difficile della triennale”. Che è tre anni che ogni esame dico a casa che è il più difficile della triennale e ogni volta torno trionfante che manco l’Italia al Circo Massimo dopo il mondiale 2006.
Detto questo però ho anche vissuto in questi giorni saturi. Ho visto, ascoltato, letto, ho fatto cose, visto gente. Riprendiamo da dove avevamo lascito con due parole per ogni argomento perduto in questo casalingo gennaio.


Malgioglio
Il 2016 è stato l’anno delle morti illustri. Arte, spettacolo, cinema, musica. Abbiamo pianto tutti.
Il 2017 è stato l’anno del revisionismo storico su Malgioglio.
Sai che un 2018 come il 2016 non sarebbe male.


La fine di Woody Allen
Parliamo chiaro: qui si tratta di avere fiducia nel sistema giudiziario. La cosa va ad un grado più profondo rispetto al polverone social-mediatico alzato dallo scandalo molestie ad Hollywoo. Dylan Allen, figlia di Woody e Mia Farrow, torna sul caso delle presunte molestie subite da arte del padre. Colin Firth dichiara che non lavorerà più con il regista, e a lui si accoda una serie di interpreti vicini al movimento di sostegno alle vittime di abusi in ambito cinematografico. L’ondata di indignazione si allarga e viene diffusa una voce per la quale il prossimo film di Allen, A rainy day in New York, sarebbe a rischio e Amazon Studios, produttore dell’opera, potrebbe decidere in extremis di distribuire la pellicola solamente attraverso la sua piattaforma streaming. La fine di Woody Allen.
Ora, cancellata completamente la presunzione d’innocenza, la grande differenza tra Spacey e Allen è che il primo ha ammesso alcuni atti compiuti e si appresta ad affrontare le conseguenza anche penali dei suoi comportamenti, Allen invece ha già subìto un processo per le accuse di molestie sulla figlia  nel ’92, ed è stato scagionato da ogni accusa. La faccenda è certamente più complessa e andrebbe approfondita in altra sede, ma dobbiamo accettare il giudizio della corte, quando eccezionalmente queste vicende da salotto televisivo riescono ad avere giustizia. Che poi Allen sia una persona con dei disturbi, che poi egli abbia sposato la figlia adottiva di Mia Farrow, questo è innegabile. Ma è anche vero che Allen, il genio complesso, è questo e quello, nel bene e nel male. E la totalità della sua persona che, filtrata da una lente psicanalitica, contribuisce a produrre l’arte. Non possiamo fingere che alcune controversie fossero mute fino alla scorsa settimana, non possiamo porci al di sopra della giustizia, dall’alto della nostra pagina facebook.


Tutti i soldi del mondo
Oh, tutto bellissimo. Però ti fanno appassionare ad una storia che termina in una maniera differente. Jean Paul Getty non muore nel momento in cui ritrovano il nipote e soprattutto il nipote, otto anni dopo il rilascio, è rimasto cieco e paralizzato per un mix letale di alcool e stupefacenti.
La storia mantiene ancora il suo appeal, ma il fatto che non si tratti della trattativa per il salvataggio di Nelson Mandela riduce un po’ la portata della storia. Cioè, dai.


Quando sono andato a vedere Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Sono arrivato 5 minuti in ritardo e la cassiera non mi ha fatto entrare a film iniziato. Alla fine abbiamo visto Ella e John, di Paolo Compagno Virzì. Vedibile, qualche lacrimuccia facile, ma non imperdibile.


Quando ho visto Tre manifesti a Ebbing, Missuri
Poi “sono andato finalmente a vedere” sti Tre manifesti. Che dire? Parliamone presto. Appena capisco se il finale mi è piaciuto o mi abbia rovinato il film.


Labadessa e l'app per lo stupro
A proposito di scandali sessuali, non potevamo farci mancare la polemica montata in pochi minuti su un post imbarazzante di Mattia Labadessa - quello degli uccelli - che si è prontamente scusato e ha cercato di rimediare al suo errore, probabilmente rendendo la situazione ancora più pesante.
Il post in questione voleva ironizzare sulla tecnologia che invade il quotidiano ed è passato per una normalizzazione dello stupro. Bene così. Il fumettista ha sbagliato? Sì e si è anche scusato. Ma si è assunto la responsabilità delle sue parole dopo che esse sono uscite vertiginosamente dal contesto della pagina facebook? Nì. Questo è il punto meno chiaro: da una parte l’autore ammette l’errore, dall’altra la rimette sul piano dell’ironia incompresa. In questo modo toglie il sottotesto di una battuta uscita malissimo per lasciare il personaggio, che non ammette responsabilità.


Gene Gnocchi, un signore
Un signore che invece si assume la responsabilità delle sue parole è Gene Gnocchi. Signore della comicità e dello spettacolo. Personaggio necessario nel panorama italiano.
Stavolta lo scandalo è scoppiato per una battuta sul maiale di Roma che tirava in ballo Claretta Petacci. FN, Casapound, Giorgia Meloni. Discussioni da salotto per una pizzicata satirica non indifferente. Un colpo che a parti invertite mi avrebbe comunque divertito, perché è pungente, è intelligente, non ha paura di sporcarsi. Questa è la satira. Quella dei vignettisti di Charlie Hebdo che avete difeso a spada tratta.
Non è satira quella di Maurizio Battista, che dal basso della sua dissacrante comicità di pancia accusa Gene Gnocchi di essere alla frutta, di doversi scusare. Parole molte gentili e non richieste. Quella di Battista non è satira, è cattivo gusto.


Piton
Per dire, no, che anche Piton dava del maiale al padre di Harry. Morto male pure lui. Porello.
Però a Piton non gli date addosso. Codardi.


Cosmo
L’ultima festa non era l’ultima e Cosmo ci invita ad un’altra festa, meno chic, meno sofisticata, meno introspettiva e più vitale. Coinvolgimento puro. Il live quest’anno è d’obbligo.


Calcutta in Arena
Riuscirà l’artista indie per eccellenza a portare il disagio nell’Arena o si lascerà imborghesire?


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SPOILER
Il finale di Tre manifesti mi è piaciuto. Cominciamo a stilare la top 10 2018.

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